SOCIALISM LIFE 27 - EUROPA WETWARE

                                  

Alessandro Ceci

giugnoduemilaventiquattro

 

Olof Palme ripeteva che il capitalismo è una pecora che va tosata. Solo in questo modo può darci la lana necessaria per riscaldarci e superare il freddo inverno. Senza questa lana, quindi senza tosatura, siamo abbandonati ai rigidi rigori del gelo. In altri termini, se non tosiamo la pecora capitalista, tutti siamo condannati a morire congelati.

La migliore tosatura che conosciamo è il socialismo, che è riuscito ad equilibrare il mercato senza crollare nel becero controllo di massa di ogni totalitarismo. La tecnica socialista di tosatura della società industriale è stata il welfare state, che si è realizzato solo in Europa e in nessun altro continente al mondo e che ha equilibrato le relazioni sociali, mantenuto i ritmi di crescita, trasformato la crescita in sviluppo, accresciuto i diritti, distribuito le responsabilità, ingigantito le dimensioni della civiltà in termini complessivi di qualità della vita.

A un certo punto, però, questa sofisticata tecnica di tosatura ha perso ogni sua efficacia ed ogni sua efficienza.

Perché?

Perché sono cambiate le pecore. Con l’avvento della società della comunicazione, i capitalisti non sono più stati quelli che conoscevamo, grazie a Marx, nella società industriale. Dalla centralità della produzione, proprio grazie alla logica della economia keynesiana, con la globalizzazione, siamo passati alla centralità del micro-consumo di massa; dal potere di detenzione dei mezzi di produzione siamo passati al potere di controllo del marketing non segmentato. E allora la socialdemocrazia europea, connotato fondamentale della sua stessa identità, non ha saputo più quali pecore tosare e perché.

L’Unione Europea è stata la più importante esperienza politica della intera storia dell’umanità per 4 motivi determinanti: 1 – ha inventato la democrazia nelle sue differenziate formulazioni, da Atene di Pericle in poi; 2 – ha esteso la sua popolazione e raddoppiato il territorio integrando diversità senza alcun conflitto ma con costanti processi di pacificazione condivisa; 3 – proprio grazie al welfare socialdemocratico si è dedicata alla cura, sia nel senso di sanità sia nel senso di assistenza, dei suoi cittadini senza che questo si trasformasse in controllo, anzi estendendo il loro diritto ad avere diritti; 4 – si è integrata seguendo il metodo marginal-funzionalista (che sarebbe molto utile oggi per la pacificazione di situazioni esplosive come quelle tipiche del conflitto israelo/palestinese)  che ha generato istituti di governance estensivi, un apparato governamentale competente e un governo efficace (leggero ma non debole) dei processi politici moderni.

Nell’evitare un modello di organizzazione gerarchico-piramidale di tipo westfaliano, l’Europa si è mostrata finora perfettamente in simbiosi con la dinamica dei trend della società della comunicazione, più di altre Piattaforme Continentali di Nazionalità al mondo, perché si è costituita subito come un network a morfologia variabile (cioè che si clusterizza in relazione ai problemi che, di volta in volta, deve fronteggiare).

Tuttavia, nonostante questi inequivocabili meriti storici, l’Europa si sente in crisi, soffocata dalla litania conservatrice che vorrebbe vederla concorre in un teatro di relazioni internazionali sulla base di una forza apparente che maschera una debolezza strutturale, fatta di eserciti e di esercizi di dominazione se non addirittura di supremazia. Sono cognizioni autocratiche che tentano di trasformare l’Unione in uno Stato, tornando ad un modello gerarchico-piramidale utile per la società industriale proprio quando la società industriale non c’è più. È il tentativo, nemmeno troppo velato, di trasformare il network europeo riducendolo ad un sistema autocratico non più “all’altezza dei tempi”, come diceva Ortega y Gasset, non più in simbiosi con la dinamica dei trend della società della comunicazione.

Perché?

Per quale motivo tornare indietro?

Perché, ad esempio, non integrare le forze armate degli Stati partecipanti all’Unione, clusterizzandole in network a morfologia variabile nei diversi scenari internazionali in cui ci sentiamo coinvolti, invece di formare un esercito europeo nuovo e proprio? Perché non fare lo stesso con la scuola, con le università e con tutti i centri di ricerca clusterizzati in funzione dei contenuti necessari e opportuni, ad esempio? Perché non continuare sulla strada già intrapresa, rafforzando la innovazione europea e la sua connotazione tipica nel mondo, migliorando semplicemente alcune procedure come la elezione (e non la nomina) della Commissione o la marginalizzazione del diritto di veto? Perché non continuare ad essere la prima organizzazione politica in simbiosi con la società della comunicazione e invece di tornare ad essere il modello che furono gli Stati nella società industriale, obsoleti nella loro struttura e ormai totalmente avulsi dalla modernità evolutiva della fenomenologia sociale esistente?

Non si capisce, se non con il ricorso ad una narrazione stereotipata, fatta di moltissimi cliché e di nessun archetipo. Si ripete pedissequamente ciò che non si capisce ma che crea una grande soddisfazione di autoaffermazione. In questo modo, poiché nella società della comunicazione il potere è affidato alla sintattica e alla semantica del linguaggio, l’Europa perde ogni giorno la coscienza di essere una “speranza possibile” e rischia di non saper più trasformare la sua possibilità storica in probabilità politica.

Per ritrovare i contenuti della sua narrazione, che siano anche i presupposti della sua condizione, l’Europa ha bisogno di una nuova socialdemocrazia, che sappia tosate opportunamente le pecore modificate geneticamente dall’avvento della società della comunicazione. Non per riformulare un welfare che ormai non c’è più come soluzione politica alle aspettative dei cittadini; ma per formulare un nuovo wetware sociale e politico, in grado di costituirsi anche istituzionalmente su relazioni “entanglement” (vedere il significato in internet) che sono il presupposto della nuova logica quantistica con cui “l’intelligenza organizza il mondo organizzando sé stessa”, come diceva Piaget. Le relazioni “entaglement” sono la base di network a morfologia variabile su cui è storicamente costituita, con il metodo marginal-funzionalista, la governance europea. La sua struttura governamentale si è specializzata in questo habitat. Il suo governo si è impegnato a risolvere in questo modo problemi globali come la pandemia, ad esempio, ed ora il conflitto per la definizione del confine europeo Russo/Ucraino.

Una Europa wetware significa continuare a migliorare i network di relazioni “entaglement” su cui l’Europa, grazie principalmente al suo spirito liberale ed alla sua esperienza socialdemocratica, si è costituita, integrando ambiente, habitat, tecnologia ed umano. Il punto di equilibrio di questa integrazione è il wetware, l’elemento etico di una rete di relazioni sociali, economiche e politiche, che in Europa, più che in altri continenti al mondo, si è sempre espressa con la determinazione dei complessi e complessivi diritti di cittadinanza universale.

Un “Socialism life”, una socialdemocrazia della vita, ancora, dunque, che migliori la propria connotazione storica: quella di essere stata lo strumento di tutela di ogni persona e la funzione principale per migliorare la qualità della vita in ogni nostra epoca storica.

Un conservatore intelligente come Leo Longanesi ripeteva che gli italiani, alle ristrutturazioni, preferiscono le inaugurazioni.

Temo che questo vizio, presi dall’ansia di apparire, stia infettando molti politici europei.

Abbiamo bisogno di un nuovo vaccino.

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