POST-PENSIERO 149 – sul Cristo reale
Oltre la narrazione simbolica del Cristo, sul Cristo
reale (che sia effettivamente vissuto oppure no, è indifferente), il Cristo che
noi realmente abbiamo appreso nella cognizione del complessivo processo
educativo, insomma il Cristo che realmente è nelle nostre menti, rappresenta
inequivocabilmente un messaggio politico estremo.
Non è un Dio rimasto nel regno dei cieli, è sceso in
terra, piuttosto, per dire agli umani che è qui, su questa terra, ogni giorno,
che si realizza il Paradiso. È venuto a dire che non c'è altro luogo in cui
farlo. È talmente importante farlo qui, ora, che anche dopo la morte fisica,
lui resterà qui, risorto, a realizzare un mondo migliore.
Non c'è messaggio più politico.
Cristo non ha mai dettato
regole morali. Ha indicato un comportamento etico basato sulla responsabilità
(riconoscerai me nell'altro) e sul senso di giustizia (chi è senza peccato
scagli la prima pietra). Un messaggio costruito sui presupposti etici, sui comportamenti
e non su regolamentazioni, leggi morali. Non ci sono comandamenti nel Cristo
reale della nostra mente.
Mosè (se è esistito),
prima, e Agostino di Ippona, poi, hanno cambiato l'etica cristiana in morale
cattolica.
Ma il Cristo reale, quello che conosciamo, ha chiesto
ai suoi apostoli, non di seguirlo in un fantomatico altro mondo, ma di restare
qui in terra a realizzarlo, portando ovunque il messaggio di una società giusta
costruita sulla relazione d'amore: un moviment, diremmo noi oggi, etico, fatto
(come sembra che dicesse Pericle) di quelle regole non scritte ma che
procurano, a chi non le rispetta, "una vergogna comunemente
riconosciuta".
Non c'è nulla di più profondamente politico.
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