POSTPENSIERO - La filosofia politica dei social - PARTE PRIMA - 63) Fatti eloquenti
27 dicembre 2021, ore 06.46
Come
un orologio rotto che, due volte al giorno, segna l’ora esatta, anche in
nazista Martin Heidegger ogni tanto dice una cosa giusta.
In
Parmenides (Gesamtausgabe, II. Abtl.: Vorlesungen
1923 – 1944, Bd.54, Frankfurt am Main, 1992, pp.66 – 67) sostiene che il
concetto di polis che circolava nelle
discussioni e nelle menti greche era totalmente diverso da quello che hanno
interpretato i secoli successivi a partire dai romani. Insomma, Cicerone, che
pure aveva studiato anche in Grecia e ne dominava la lingua, aveva un concetto
di polis molto diverso da Socrate,
Platone e perfino da Aristotele. Difatti noi, da polis abbiamo fatto derivare il termine politica, non il termine città;
giacchè siamo successivamente passati dentro l’urbs romana, il borgo
medievale, la città rinascimentale,
quelle marinare, la metropoli della
industrializzazione, la megalopoli
della massificazione. E oggi viviamo dentro un enorme Centro Commerciale.
Per
Martin Heidegger il concetto di politica che, alla fine, concepiamo, sarebbe
stato ridotto “al semplice suono della
parola”, svuotato dalla filosofia politica romana, “quando – come scrive Carlo Dolcini (Presentazione, in Il pensiero
politico, idee teorie dottrine, vol.I, Utet, Torino 1999, VII) - il verum fu identificato con rectum e
iustum, e il falso non era più considerato, come in Grecia, nella sua
dimensione di occultamento e nascondimento della verità. A cominciare dal
sistema imperiale, osserva Heidegger, il vero diventa subito il
rimanere–diritto. La verità è rectitudo. Ciò che è giusto.”
Naturalmente
le trasformazioni non si sono fermate lì ed oggi ne possiamo constatare
addirittura una inversione logica. Oggi, dopo la rivoluzione scientifica, in
epoca di insignificanti discussioni pro o anti vaccino, “si green pass” o “no
green pass”, il giusto diventa vero; cioè, per meglio dire, ciò che riteniamo
giusto è legittimato da ciò che facciamo diventare vero.
Tutto
si riduce al problema della giustificazione, alla prova.
Se
decido che il vaccino sia dannoso, cerco tutte le prove che lo dimostrino.
Viceversa se decido di credere che sia salvifico, avrò i dati che lo attestano.
Come già denunciava Heidegger, a differenza di quanto accadeva nel mondo greco,
la verità è completamente scissa dalla realtà. Anzi, oggi, costruisco realtà
opportune, per farle corrispondere a verità personali.
Siamo
di nuovo precipitati in un medioevo riformulato?
Siamo
di nuovo nel fideismo utile a teocrazie tecnologiche monoteiste?
Abbiamo
una speranza.
Come
diceva Cicerone, che si considerava un filosofo e un politico ma non un
giurista, il fondamento di ogni filosofia politica è epistemologico, si basa
sulla eloquenza dei fatti, che
permettono una simbiosi inscindibile tra verità e realtà.
Era
un fatto che nessun terrorista suicida a New York nel 2001 era Afghano e che in
Iraq non c’erano armi di distruzione di massa. La realtà è scissa dalla verità.
La decisione politica di invadere, contemporaneamente, sia l’uno che l’altro
Stato (e di restare in Afghanistan altri 10 anni dopo la cattura di Bin Laden
in Pakistan), allora è stata indotta da un altro fatto opportunamente
occultato.
È
un fatto che i morti da pandemia Covid 19 si siano ridotti dopo i vaccini e i
green pass. Con tutti i deficit rappresentati nelle obiezioni di oppositori
compulsivi, quel fatto deve essere il fondamento di tutte le decisioni
politiche successive.
È
un fatto che l’organizzazione sociale degli umani sta distruggendo il pianeta;
paradossalmente, se per garantire la vita sulla terra si distrugge la vita
della terra. Ogni decisione politica sulla città deve avere questo fondamento
etico.
Se,
come ripeteva Sartori, la politica è il fare che coinvolge tutti e riguarda
tutti, il fatto, in quanto simbiosi tra realtà e verità, è il presupposto
logico ed epistemologico di ogni filosofia politica e, dunque, di ogni
decisione politica.
Cicerone
docet.
Rappresentanza della
realtà, o rappresentazione della verità? Il cristianesimo ha introdotto il
modello della rappresentazione?
si infatti
Alessandro
Ceci la
tecnologia derivata dalla scienza è mezzo o strumento umano per orientare la realtà,
ma la tecnica è strumento astratto di rappresentazione della verità? Nella
situazione attuale la competizione è tra due rappresentazioni della verità, da
un lato quella divina o ideologica, dall'altro quella tecnico-finanziaria? La
politica che dovrebbe bilanciare gli opposti non è capace, così è scivolata in
una rappresentanza (populista) che non è altro che rappresentazione della
verità popolare, cioè pura demagogia?
1 - credo che la rappresentazione della
verità sia UNA tecnica, non la tecnica, cioè un valore per definizione relativo
ma non assoluto, poichè può esserci anche una tecnica di rappresentazione della
realtà. Il fideismo in genere è rappresentazione di una verità, ma la
divulgazione scientifica, ad esempio, è una tecnica di divulgazione della
realtà.
il problema centrale credo sia quello
della simbiosi. Realtà e verità funzionano quando sono in simbiosi, così pure
la rappresentanza e la rappresentazione. il dramma politico del mondo
contemporaneo è la scissione simbiotica, cioè il vuoto politico ch che si genera ed in
cui si sprofondano le democrazie della comunicazione.
2 - in questa fase di transizione, dalla
società industriale alla società della comunicazione, la politica è scivolata
nel vuoto della scissione simbiotica tra realtà e verità e quindi si è
rappresentata con l'ideologismo populista e il fideismo a-scientifico. Tuttavia
io sono fiducioso. più continuiamo a discutere, indifferenti dei like, in modo
logico e comunicativo e più avviciniamo realtà e verità, in modo da avere una
rappresentazione che sia congruente con la rappresentanza anche politica. In
parte è il percorso che sta compiendo il M5S, credo.
3 - rispondo in questo modo anche al
secondo interrogativo: se, nella situazione attuale vi sia una competizione è
tra due rappresentazioni della verità, da un lato quella divina o ideologica,
dall'altro quella tecnico-finanziaria. Questo è stato il deficit dei partiti
liberali, socialdemocratici e del partito democratico italiano: di fronte ad
una grande transizione non hanno saputo proporre una elaborazione politica
all'altezza dei tempi sulla libertà, sulla giustizia e sulla democrazia. Si
sono affidati alla cronaca, hanno emarginato il ruolo di proposta e
progettazione degli intellettuali e si sono dedicati esclusivamente alla concorrenza
elettorale piena di praticume e priva di pragmatismo. Un pensiero liberale,
socialista o democratico per la società della comunicazione, non c'è. Ci si
arrabatta come si può per convincere gli utenti con argomenti privi di
convinzioni. Forse però una reazione la vediamo altrove, nel pensiero ecologico
internazionale, ma è una reazione istintiva, spontanea, sebbene indispensabile.
Occorre riformulare il pensiero politico e i valori di giustizia e libertà
nella democrazia della comunicazione che abbiamo di fronte. Come organizzare la
rappresentanza politica affinché sia realmente democratica? che tipo di
rappresentazione cognitiva dobbiamo proporre affinché primeggi la cultura
(nella duplice veste di conoscenza e competenza) e la ragionevolezza delle argomentazioni
che induce alla scelta e alla decisione politica?
Alessandro
Ceci concordo
su molti punti. Sui 5* ho molti dubbi e l'esperimento non mi sembra andare in
direzioni utili. Il problema è la democrazia nel sistema capitalistico. Un
problema che nessuna delle correnti di pensiero evocate ha risolto, anzi ne
sono uscite sconfitte. Un libro che ho trovato illuminante per capire il
pensiero del capitale è di Quinn Slobodian, "Globalists".
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