POSTPENSIERO - La filosofia politica dei social - PARTE PRIMA - 69) Ressentiment in politica
15 gennaio 2022, ore 01.18
È stato Friedrich Nietzsche ad introdurre il termine ressentiment nel dibattito politico.
Non significa risentimento.
Non significa invidia.
Non significa acre vendetta.
Ressentiment è “uno
stato mentale che lascia in chi lo prova un sentimento generale di rancore nei
confronti della vita”, scrive Joseph Epstein (Invidia. I sette vizi
capitali, Raffaello Cortina, Milano 2006, pp.95-98).
Altri, come Ian Buchanan (voce in The Oxford Dictionary of Critical Theory,
Oxford University Press, Oxford, 2010) considera il ressentiment come uno “stato d'animo vendicativo” degli
haves-not contro gli haves, ostruzionistico e distruttivo; oppure come Max
Scheler (in Pankaj Mishra, L'età della
rabbia. Una storia del presente, Mondadori, Milano 2018), che lo considera
come una "invidia esistenziale" contro una impossibile rivalsa.
Tutti interpretano la sindrome di
ressentiment come un atteggiamento di avversione tipico delle opposizioni.
Invece, ciò che accade oggi,
paradossalmente, è che il ressentiment è sempre più un connotato delle maggioranze.
Avere contemporaneamente ressentiment e
potere induce a sviluppare un atteggiamento aggressivo di tracotanza che supera
ogni limite etico ed ogni imperativo morale per godere di tutte le possibilità.
Al bar o in internet troviamo soltanto
ressentiment, dissacrante e distruttivo.
Al governo dei nostri comuni, cioè nella
nostra classe politica municipale, troviamo questo malefico mix che
puntualmente la precipita negli inferi. Sembra assurdo che si compromettano
atti amministrati in modo così evidente e banale, direi addirittura plateale.
Ma il ressentiment, la vendetta contro nessuno (che è sempre una scusante per
se stessi), acceca: con parole (quando si è in opposizione, per consumare la
propria aggressività) ed opere (quando si è al potere, per godere delle proprie
possibilità).
E non si comprende che
l'autoaffermazione (il consumo di sé) non è mai autorealizzazione (la fruizione
di sé).
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