POSTPENSIERO - La filosofia politica dei social - PARTE PRIMA - 39) Inclusione o integrazione?

 7 ottobre 2021 ore 3,30



Uno dei temi ricorrenti degli analisti politici, che hanno caratterizzato anche i commenti sui risultati in Germania ed in Italia, è che, dopo la sbornia del populismo radicale e del covid, i cittadini elettori prediligono comportamenti inclusivi (o meglio, includenti) a comportamenti esclusivi (o meglio, escludenti).

Forse è vero, ma non è preciso.

Le società, da sempre, evolvono in funzione del carattere prevalente della tecnologia di cui abbisognano.

Le comunità che si dovevano difendere da molteplici aggressioni, hanno sviluppato essenzialmente guerrieri.

Le società che dovevano strutturarsi gerarchicamente per controllare la natura, hanno sviluppato prevalentemente professioni e ruoli per status definiti e riconoscibili.

I sistemi, che si differenziavano per mantenere un certo livello di complessità, sviluppavano specializzazioni tecniche.

Quale è il criterio connotativo della società della comunicazione che caratterizza prevalentemente i network?

L'inclusione?

No, l'integrazione.

La differenza è sottile ma determinante.

Inclusione significa inserire qualcosa in una situazione predefinita e relativamente mutabile.

Integrazione significa evolvere insieme con la diversità funzionale.

Prima il computer includeva il telefono con programmi di interconnessione, ma restava computer uno e telefono l'altro. Lo smartphone integra entrambi (ed anche altro come il televisore) in una nuova dimensione comunicativa.

Accade anche nella nuova società e nella nuova politica. La forza e l'attualità non è il prodotto della inclusione, ma della integrazione.

Imparare questa differenza fa tutta la differenza.

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