POSTPENSIERO - La filosofia politica dei social - PARTE PRIMA - 67) Il secolo dei diritti

 4 gennaio 2022,  ore 09.39



L’America non è più “l’economia più innovativa nell’epoca più innovativa della storia del mondo”, come sostiene Stigliz (Stiglitz Joseph, Popolo, Potere e Profeti, Einaudi, Torino, 2020, pag. XVII): perché le innovazioni del XXI secolo non sono più tecnologiche ma sociologiche.

Concentrando la ricchezza del mondo in poche mani, si rallenta notevolmente un passaggio essenziale per l’incremento della civiltà e della ricchezza complessiva del mondo: il passaggio dalle innovazioni tecnologiche alle innovazioni sociologiche. La gestione di questo fondamentale trend di sviluppo è una scelta politica. Scrive Stiglitz: “i modelli significativamente diversi dei vari paesi a riguardo dimostrano che le politiche che si scelgono sono importanti. La disuguaglianza è una scelta. Non è inevitabile.

La disuguaglianza è una scelta politica drammatica perché, concentrando la ricchezza in una esigua minoranza di persone, riduce considerevolmente la propensione al consumo collettiva.  Senza una adeguata propensione al consumo la crescita economica prima e lo sviluppo sociale poi, si blocca a causa del fatto che si rallenta il passaggio dalla innovazione tecnologica alla innovazione sociologica.

Nel XXI secolo, la civiltà delle relazioni sociali e dei diritti umani sono due essenziali risorse economiche, come dimostra inequivocabilmente il fatto che le economie più ricche sono sempre, storicamente, corrispondenti alle democrazie più estese e consolidate.

La delocalizzazione della produzione, fondata sul basso costo della manodopera, non ha portato, non porta e non porterà mai ricchezza collettiva. Non lo può fare perché, riducendo la propensione al consumo a causa del basso costo del lavoro, riduce automaticamente le performance del mercato, introduce una rigidità eccessiva nella dinamica della curva della domanda e della offerta, una staticità dell’equilibrio economico. È la sindrome della proletarizzazione scoperta da Karl Marx, da cui paradossalmente è schiacciata la Cina marxista: una abnorme crisi di consumi dovuta al basso costo della manodopera nella economia di produzione.

Questa, dunque, è l’innovazione sociologica del XXI secolo contro l’innovazione tecnologica del XX secolo: la civiltà produce ricchezza. Laddove si estendono i diritti e si riduce la disuguaglianza s’incrementa la propensione al consumo e si passa dalla crescita allo sviluppo, per garantire politicamente la migliore ricchezza collettiva possibile.

Non si possono comprendere le dinamiche della geopolitica globale se non si considera la fondamentale funzione della propensione al consumo per i trend di sviluppo economico. In Afghanistan, per esempio, l’Occidente ha speso trilioni di dollari, distribuendoli alle sue stesse imprese, senza alcuna ricaduta sulla propensione al consumo dei cittadini afghani (al limite ha incrementato i risparmi dei “signori della guerra” di stazza, per questo, a Kabul), con gli esiti nefasti che conosciamo. E questa è stata la vera sconfitta, non quella militare, giacché, come diceva Napoleone Buonaparte, con le baionette ci si può fare tutto tranne che sedersi sopra. Le Piattaforme Continentali di Nazionalità che si stanno formando sono anche, se non principalmente, il contenitore necessario della propensione al consumo opportuna per concorrere allo sviluppo, superiore, notevolmente superiore alla minima quantità di un solo piccolo Stato.

Lo scontro nel mondo per l’affermazione della propria egemonia è data dalla conquista della propensione al consumo degli altri; di tutti, come dimostrano le 8 imprese più importanti del mondo (Apple con 2.240 miliardi, Microsoft con 1.950 miliardi, Amazon con 1.690 miliardi, Alphabet con 1.530 miliardi, Facebook con 855 miliardi, Tencent con 770 miliardi, Tesla con 697 miliardi, Alibaba con 629 miliardi). Nessuna impresa di produzione. Tutte imprese di consumo.

Ecco perché politiche fiscali globali per la redistribuzione della ricchezza tramite strategici progetti di governance, di cui la vecchia e giovane Europa che e perché ha conosciuto il socialismo e la democrazia è leader, sono fondamentali allo sviluppo nel XXI secolo.

Torna l’esigenza di una socialdemocrazia globale, come la più importante esperienza politica ed economica della storia dell’umanità.

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