POSTPENSIERO - La filosofia politica dei social - PARTE PRIMA - 46) Simpathy for the Devil
18 ottobre 2021, ore 8.54
In
tanti vogliono dividersi le spoglie ancora calde dell'Afghanistan in
confusione, convinti che i taliban non siano in grado di stabilizzare il
territorio e formare uno Stato.
I
russi vorrebbero acquisirli.
I
cinesi vorrebbero gestirli.
I
terroristi interni dell'Isis K. vorrebbero sostituirli.
Gli
americani aspettano per sostenerli.
Nessuno
è convinto che i taliban siano in grado di affermarsi, autonomamente, come
classe dirigente di uno Stato e tutti vorrebbero approfittare dei loro deficit
è della loro debolezza.
Come
abbiamo scritto nel libro che uscirà tra qualche giorno (Afghanistan, che cosa
succede, Sossella Editore), sbagliano tutti.
Nonostante
i "venerdì dei martiri",
cioè i venerdì in cui i terroristi interni fanno esplodere le Moschee, i
taliban di oggi sono diversi e sono in grado, appoggiandosi ora ad uno ora
all'altro e in realtà a nessuno, di stabilizzare gradualmente il paese. Sempre
secondo la legge islamica, sempre con una teocrazia ascendente o discendente,
naturalmente; tuttavia con una consapevolezza politica di nuovo tipo, specie
per le relazioni internazionali. E il controllo dei campi di coltivazione
dell’oppio, che sta avvenendo in questi giorni, lo mostrano e lo dimostrano.
Una operazione che serve a: bloccare i possibili finanziatori dei terroristi
alternativi (non solo Isis); legalizzare l'intervento pubblico; curare i
tossici; spiegare al mondo che gli interessi nazionali sono governati, nel bene
o nel male, dalle istituzioni statali.
Cercano
legittimazione politica. Già ad ogni venerdì martirizzato tutti mostrano,
progressivamente, una "simpathy for
the devil" (una leggera adesione liberatoria dalla fatica di
guerreggiare) al governo taliban, giacché al peggio non c'è mai fine.
Cercano
legittimazione politica e la otterranno, come abbiamo scritto nel nostro libro
in pubblicazione, appoggiandosi ora all'uno ora all'altro e mai ad alcuno,
perché questo Afghanistan è il simbolo di un nuovo paradigma di politica
globale, che richiede diverse (anche se non nuove) concezioni: l'avvento ormai
definitivo di Piattaforme Continentali di Nazionalità.
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