Socialism Life 19 La socialdemocrazia come rimedio della dirompenza capitalistica

La socialdemocrazia come rimedio di sempre alla dirompenza capitalistica

                         


    Joseph Schumpeter ripeteva spesso che – poiché si mostra, nel “processo di mutazione industriale”, come una “burrasca di distruzione creativa” - il capitalismo ha una sua propria “dirompenza[1].

    Abbiamo vissuto la dirompenza capitalistica nella società industriale. La distruzione capitalistica ha travolto la civiltà contadina, ha sradicato migliaia di individui e li ha depositati ai bordi delle città, li ha proletarizzati per esigenze di sfruttamento industriale. Karl Marx ha denunciato decisamente e con estrema chiarezza, senza saper mai offrire una soluzione[2], questa situazione di profondo sradicamento e di alienazione. La creatività capitalistica è invece contemporaneamente rappresentata dalla modernità logica e tecnologica, di strumenti e di idee, di condizioni sociali di vita e di ricchezza che l’economia improvvisamente produce. Raimond Aron ha più volte indicato come emblematico di questa modernizzazione la generale accelerazione dei tempi. Nelle sue Lezioni sul XX secolo[3], Raimond Aron, descrive la storia come travolta dal fragore delle macchine che hanno sottoposto l’uomo alla loro irrefrenabile accelerazione. Specialmente le nuove tecnologie hanno dettato ritmi di vita e di socialità frenetici. Infatti, fa notare Aron, da Giulio Cesare a Napoleone, per circa 2.000 anni, l’uomo, per andare da Roma a Parigi, ha utilizzato sempre gli stessi mezzi di trasporto ed abbia impiegato sempre gli stessi tempi. Da Napoleone a noi, invece, in soli 200 anni, chiunque può andare a Parigi viaggiando a tempi ristretti e con il massimo comfort, senza nemmeno dover essere imperatore.

    La soluzione, alla dirompenza industriale del capitalismo, l’ha trovata John Maynard Keynes e la socialdemocrazia. Insieme, hanno rappresentato il più grande processo di democratizzazione della intera storia dell’umanità, con una intrinseca e automatica capacità di generare diritti per i più deboli, per gli emarginati, riducendo la proletarizzazione. Il welfare state e la socialdemocrazia, inscindibili e addirittura simbiotici, hanno integrato le masse allocate con un enorme compromesso politico che ha prodotto la complessità dei ruoli e delle classi nella condizione sociale. Il socialismo ha trasformato formale democrazia liberale in una sostanziale e partecipata democrazia sociale. La connotazione tipica della socialdemocrazia e dell’Occidente tutto è diventata la produzione dei diritti a tutela dei più deboli o degli emarginati. Si è cominciato con i diritti dei lavoratori e si finisce oggi con i diritti delle diverse condizioni sessuali, con i diritti dei singoli individui e, addirittura, con i diritti dei criminali.

    Oggi, nella società della comunicazione, la dirompenza capitalistica non è più riferita ai rapporti economici: minaccia i rapporti climatici ed ecologici tra l’habitat sociale e l’ambiente naturale. Piuttosto che allo sfruttamento degli uomini per la produzione delle risorse, la dirompenza capitalistica si scarica sullo sfruttamento delle risorse per la riproduzione degli uomini. Se la struttura economica invadeva e condizionava la sovrastruttura sociale, oggi l’habitat sociale si sovrappone e condiziona l’ambiente naturale. I risultati sono evidenti a tutti nella generale trasformazione climatica e nell’inquinamento delle fonti energetiche.

    E allora, come Lenin[4], che fare?
    Socialism Life, appunto.

    Occorre un nuovo compromesso socialdemocratico globale per la tutela dell’ambiente e per la produzione di nuovi diritti, di ordine ecologico, affinché la dirompenza capitalistica della società non divenga la dirompenza dell’habitat sociale sull’ambiente naturale. La società della comunicazione è malata di una “particolare bulimia[5] che la condanna “a produrre e divorare – senza soluzione di continuità – una enorme quantità di energia”, che a sua volta determina “l’alterazione della Biosfera nella quale la Tecnosfera si muove e si sviluppa[6].

    Noi non dobbiamo impegnarci in una inutile ed insignificante dieta, come consigliano i mistici paradigmi della decrescita.
   Noi dobbiamo evitare illusioni rivoluzionarie in grado soltanto di accrescere esponenzialmente entropia.
     Noi dobbiamo seguire la politica di governo dell’entropia sociale e ambientale, percorrendo la strada delle riforme e della produzione di diritti globali indicata alla storia dal socialismo democratico.

    Il potere politico nella società della comunicazione consiste essenzialmente nel controllo e nel governo dell’entropia. L’entropia è l’energia che genere dissenso o consenso nei cittadini elettori. Se una pandemia è stata governata bene o male, se c’è confusione o ordine, se c’è dispersione di energia (strutture dissipative) o se l’energia è contenuta in istituti ed istituzioni di contenimento (strutture conservative), se i governi sanno infondere certezze e sicurezza o se, invece, si percepisce dalla loro azione politica preoccupazione e paura. Il controllo e la gestione dell’entropia è la legittimazione al potere nella società della comunicazione. Rifkin la chiama “La civiltà dell’empatia” e la cui manifestazione principale è “il calcolo distributivo”, cioè “la condivisione paritetica dell’energia fra milioni, e successivamente miliardi, di individui”. La risorsa energetica e il potere dell’entropia, conclude Rifkin, “renderà obsoleti e irrilevanti numerosi presupposti fondamentali del capitalismo di mercato[7]. Soltanto che questa non è una terza rivoluzione industriale. Non è un mutamento. È una mutazione: l’avvento della società della comunicazione.

    Nella società della comunicazione, il ruolo della democrazia e del socialismo sono sempre le riforme indispensabili per incrementare la partecipazione e la distribuzione. Partecipazione alla gestione dell’entropia e distribuzione delle risorse energetiche. E le parole d’ordine della democrazia e del socialismo globale nella società della comunicazione, oltre ai riferimenti storici insuperabili di giustizia e libertà, sono 4: sostenibilità, nelle sue diverse e diversificate accezioni; connessione, tra flussi economici, culture, realtà sociali e azioni politiche; integrazione, che è una forma attiva di partecipazione senza che nessuno perda la sua matrice storica e culturale; distribuzione, proprio nel senso della condivisione paritetica di Rifkin.
 

 

Connessione

Integrazione

Distribuzione

Sostenibilità

Libertà

disponibilità di accessi alla comunicazione globale

opportunità di essere

facilitazione delle condizioni di accesso

etica delle decisioni

Giustizia

possibilità di accesso alla comunicazione globale

possibilità di esistere

equità nelle condizioni di utilizzo

etica dei comportamenti

     Il futuro del socialismo democratico è lo stesso, dunque, del suo passato: quello di attenuare gli impatti della dirompenza economica che, in ogni società, si scaricano sempre e soltanto sui più deboli, siano essi individui, gruppi sociali, categorie o classi. Il futuro è una realizzare un nuovo welfare per una società sinergica ed equilibrata.

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[1] Schumpeter, Joseph, Capitalismo, socialismo, democrazia, Comunità, Milano 1964
[2] Non è un caso che Lenin, conclusa la rivoluzione d’ottobre, si chiese “che fare?”; perché nelle elaborazioni marxiste non c’era scritto nulla a cui riferirsi.
[3] Aron, Raimond, Lezioni sul XX secolo, comunità Varese 1985.
[4] Lenin, Vladimir Ilich, Che fare?, Editori Riuniti, Roma 2019
[5] Pellicani, Luciano, L’Occidente e i suoi nemici, Rubettino, Soveria Mannelli, 2015, p. 180
[6] Pellicani, Luciano, L’Occidente e i suoi nemici, cit. 2015, p. 180
[7] Rifkin, Jeremy, La civiltà dell’empatia, Mondadori, Milano 2011, p.489 - 492



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