CONTRO LA CITTA' DI FONDAZIONE (per il fondamento della modernità)

 

                                                                               Littoria 1932



    Se c’è una narrazione falsa e opportunamente falsificata da una mistificazione ideologica che ha travolto la “cognizione di sé” della città di Latina, è quella della Fondazione.

    Quella di “Latina città di fondazione” non è un concetto storico, è una concezione politica.

    Questo imbroglio, concettuale prima ancora che culturale, è una mistificazione anche solo nella sua stessa denominazione.

    Che cosa significa “città di fondazione”?
    Perché non si dice semplicemente “città fondata”?
    Perché non è una novità che una città sia stata fondata un dato giorno, ad una certa ora. D’altronde ogni città, una volta o l’altra, è stata fondata. In questo caso invece si vuole affermare che la città è una fondazione; cioè che rappresenta essa stessa, in sé, un fondamento di qualcosa.

    Di che cosa?
    Del fascismo naturalmente.

    Eccola qui, svelata nella sua totale banalità, questa sciocca mistificazione ideologica. 
    Forse è vero, parzialmente vero, che il fascismo ha fondato la città di Latina. Diciamo che siamo al limite della realtà storica. Tuttavia è totalmente falso che la città di Latina rappresenti la fondazione (e/o il fondamento) del fascismo. Nella dizione “Latina: città di fondazione” c’è tutta intera questa falsificazione storica. Una falsificazione strumentale, necessaria, indispensabile per travolgere la città di Latina e il suo immaginario collettivo con una mistificazione ideologica, con una narrazione politica che è diventata una noiosa litania a cui, una serie consecutiva di intellettuali e di politici distratti hanno, più o meno volontariamente, divulgato, ripetuto e addirittura ritualizzato negli stupidi slogan di questi anni.

    Dentro e dietro questa mistificazione ideologica per affermare una falsa concezione politica, ce ne è, tuttavia, un’altra, ben più profonda e occulta, che non riguarda soltanto i cittadini di Latina, ma la generale concettualizzazione storica del fascismo nella cultura sociologica nazionale ed internazionale. Si tratta, in qualche modo, di una concezione senza concettualizzazione in perfetta sintonia con la dizione “Latina: città di fondazione”. Anzi, la concezione senza concettualizzazione di “Latina: città di fondazione” ingloba, impropriamente questa seconda mistificazione ideologica.

    In un articolo apparso sull’ European Journal of Political Theory, nel 2010, David Roberts afferma, a pagina 183, che il fascismo deve essere considerato una “modernità alternativa”. Un concetto simile è implicito nella definizione proposta da Emilio Gentile all’inizio del suo studio sulle origini della ideologia fascista. Il fascismo, secondo lo storico, dovrebbe essere considerato una “modernità totalitaria”. A entrambi ha brillantemente risposto Luciano Pellicani, dimostrando che il fascismo è stato piuttosto una “alternativa alla modernità”; e che, considerare assieme modernità e totalitarismo, è un ossimoro, una contraddizione in termini, visto che “Modernità significa secolarizzazione, vale a dire «disincanto del mondo» e «vita senza valori sacri»: tutto il contrario, quindi, del fascismo, il quale fu, fondamentalmente, una religione politica che concepiva lo Stato come «l’Assoluto, davanti al quale gli individui e i gruppi erano il relativo»[1]. Per Pellicani, dunque, il fascismo non è una “modernità alternativa”, ma una “alternativa alla modernità”.

    Nella storia della sociologia Ferdinand Tönnies, in un libro del 1887, ha distinto la gemeinschaft, cioè la società costruita sulla familiarità della comunità, dalla geseillschaft, cioè la società costruita sulla logica dell’azienda. La comunità è generalmente fondata, secondo Tönnies, sulla identità che diventa identificazione, sul sentimento di appartenenza, ed era la forma di aggregazione sociale tipica della società pre-industriale. La società è generalmente fondata sulla identificazione che può o no diventare identità, sulla condivisione razionale, sulla connessione tra ruoli, funzioni e prestazioni, sulla sistemica della complessità. Come diceva Tönnies: “La teoria della società riguarda una costruzione artificiale, un aggregato di esseri umani che solo superficialmente assomiglia alla comunità, nella misura in cui anche in essa gli individui vivono pacificamente gli uni accanto agli altri. Però, mentre nella comunità gli esseri umani restano essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, nella società restano essenzialmente separati nonostante i fattori che li uniscono[2].

    La gemeinschaft è ciò che il fascismo avrebbe voluto che Latina fosse e, per fortuna, non è stata. Il vero ossimoro, la vera contraddizione che si nasconde nella mistificazione ideologica e politica di “città di fondazione” è la identificazione del fascismo con la modernità; quando invece il fascismo “intendeva arrestare il processo di secolarizzazione, imboccando la stessa strada del bolscevismo, la sacralizzazione della politica[3]. Il concetto senza concezione di città di fondazione riporta Latina alla dimensione della gemeinschaft piuttosto che in quello, oggi nemmeno più corrispondente, di gesellschaft. Una restaurazione di cui Latina è stata cognitivamente, anche se non socialmente, vittima. In epoca di totale sviluppo industriale delle società moderne, Mussolini si mostrava al mondo con il torso nudo mentre mieteva il grano. Il fascismo è stato sempre tutto così, sempre tutto ignoranza, sempre tutto mistificazione. I generali fascisti conquistavano la sabbia secca del deserto e ignoravano totalmente che sotto c’era il petrolio. L’industrializzazione di Latina, arrivata in notevole ritardo, è stata spinta, non dal fascismo, ma dalla democristiana Cassa per il Mezzogiorno. La modernità di Latina, l’avvento della gesellschaft, la società che ha sostituito la comunità, si è sviluppata con l’accoglienza delle diverse nazionalità e culture, che ha indotto la vita cittadina alla tolleranza della diversità. Il fascismo, invece, con la scusa della bonificazione e della coltivazione dei terreni, ha scaricato a Latina tutti gli agricoltori sradicati dal processo di industrializzazione del Nord italiano; come mio nonno.

    Perché mio nonno, Francesco Ceci, come tanti altri, è dovuto scendere dalla provincia di Ferrara nella provincia di Latina a coltivare gli Olivi? Perché il processo di industrializzazione del Nord, da cui Latina è rimasta esclusa, lo aveva scacciato dai suoi terreni ed escluso dai suoi territori. La concezione senza concettualizzazione di “Latina: città di fondazione” è stata la produzione di una mistificazione ideologica funzionale a realizzare una supremazia politica nella società della comunicazione.

    Latina non è “una” città di fondazione, ma “la” capitale del più importante “distretto della modernità” del mondo.

    Quando ero Direttore del Consorzio dell’Università di Pomezia, volevo trasformarlo in “Università della Modernità”. Per una serie di vicissitudini questa possibilità non si realizzata. L’idea però resta e il progetto pure.

    Il distretto realizza almeno uno spazio di interattività sociale, indispensabile alla modernizzazione dei processi di sviluppo locale, offrendo la possibilità agli investimenti internazionali per il miglioramento delle strutture e infrastrutture integrate tra il sistema delle competenze istituzionali e la valenza economica dei territori. Spesso questo gap non viene riempito perché non si riesce a progettare una logica integrata di area sulla base della valenza dei comuni interessati e delle risorse tipiche e connotative dei territori. I comuni continuano a programmare da soli, senza nessuna integrazione con altri comuni limitrofi. Questo gap resta aperto principalmente perché, al momento della progettazione e della realizzazione di modelli di sviluppo non si conoscono le effettive esigenze della domanda economica locale, né, spesso, quale sia il contesto territoriale effettivo in cui i progetti innovativi e gli investimenti dovranno essere realizzati. Lo sviluppo locale è spesso avulso dai suoi stessi territori e, viceversa, le imprese locali acquisiscono le risorse necessarie indipendentemente dalle programmazioni finanziate e/o finanziabili. Il distretto supera definitivamente questo gap, questo vuoto, questo handicap enorme per la identificazione connotativa dei territori, realizzando un vero e proprio “network glocale” di risorse e innovazioni, di conoscenze e competenze, per uno sviluppo integrato.

    In una parte della costa del Lazio, da Roma Eur a Sabaudia, comprendente i comuni di Pomezia, Ardea, Guidonia, Colleferro Aprilia, Latina, Pontinia, si distendono una serie di insediamenti urbani sorti dopo il 1930 che costituiscono la più vasta area della modernità sia del bacino Mediterraneo che di tutta l’Euro Zone. In entrambe le aree, sia il bacino Mediterraneo, sia l'Euro Zone,  infatti, la cultura mediterranea e quella europea, sono generalmente concentrate sulle tradizioni e sulle matrici, sulla tutela del patrimonio storico archeologico di città che sono sempre pre-esistenti ai propri cittadini. Nell’area della modernità italiana invece vi sono ancora cittadini che sono nati prima delle città in cui abitano e che hanno visto la loro fondazione. È una condizione del tutto particolare rispetto alla normalità della vita urbana, una condizione che giustifica un’archeologia del futuro, un FONDAMENTO DELLA MODERNITA’.

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[1] Pellicani Luciano, L’Occidente e i suoi nemici, Rubettino, Soveria Mannelli, 2015, p.282
[2] Tönnies Ferdinand, Comunità e società, Laterza, Bari 2011
[3] Pellicani L., L’Occidente e i suoi nemici, cit. p. 279

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