Concezioni della Sicurezza 4 - il segreto e l'ombra



Il segreto è un generatore di insicurezza di massa, perché è l’ombra che induce alla paura e il fondamento di ogni preoccupante dietrologia.


    A che servono i Servizi Segreti, se non ci sono più segreti?

    Anzi, meglio, per garantire la democrazia, compito dell’intelligence, i segreti non dovrebbero più esserci, come ci ha insegnato insistentemente Norberto Bobbio. Così esordiva, infatti, il suo libro sul tema dell’occulto politico: “la democrazia è idealmente il governo del potere visibile, cioè del governo i cui atti si volgono in pubblico, sotto il controllo della pubblica opinione[1].

    Bobbio ripeteva spesso che il segreto della democrazia è non aver segreti: “Per l’uomo uscito di minorità, il potere non ha, non deve più avere, segreti. Perché l’uomo diventato maggiorenne possa fare pubblico uso della propria ragione è necessario che egli abbia una conoscenza piena degli affari di Stato. Perché egli possa avere una piena conoscenza degli affari di Stato, è necessario che il potere agisca in pubblico. Cade una delle ragioni del segreto di Stato[2]. Egli attribuiva addirittura a Kant il merito teorico di aver, alla fine, fatto “cadere i divieti tradizionali posti a guardia degli arcana imperii[3]. Insomma, l’obiettivo di una democrazia è rimuovere l’occulto, eliminare le ombre che, come scrive Fabrizio Battistelli[4], generano insicurezza e sono nemiche della sicurezza.

    Si dirà, lo sento già: “ehh no!!! Questo vale per tutto ma non per i Servizi Segreti che, per difendere la democrazia, agiscono in nome della Ragion di Stato”.

    A parte il paradosso di far difendere la democrazia dalla Ragion di Stato, il suo peggior nemico, resta il fatto che, nella società della comunicazione, quel segreto è semplicemente insignificante e inutile. Fuori epoca. Oggi, forse, agire segretamente in nome di una Ragion di Stato, la cui ragione democratica è quella di non avere segreti, è decisamente fuori dimensione. 
    Forse i servizi segreti non servono più. 
    Resta, tuttavia, la funzione sociale e politica dell’intelligence, sempre più forte, più potente di prima, ma non più affidata a istituti governamentali, sfuggita definitivamente dagli apparati dello Stato. Ed è proprio per questo motivo che dobbiamo studiarla di più, per conoscerla meglio, per conoscere meglio.

    Noi distinguiamo nei network politici moderni 3 insiemi separtiti di enti politici, assemblati con la clusterizzazione in relazione ai problemi da affrontare:
  • le Istituzioni, che consistono in organi politicamente legittimati al complesso processo decisionale dello Stato, coloro cioè che esercitano la sovranità politica;
  • gli Istituti governamentali, come li chiamava Foucault, sono tutti quegli enti che sono fuori dal confine dell’insieme politico, diretti da tecnici nominati e non eletti che si legittimano sulla base della loro competenza di apparato, e vanno dagli enti di sostegno alle decisione politiche fino agli istituti di biopower finalizzati al controllo e alla cura della vita (scuole, ospedali, carceri, ecc…), coloro cioè che, in un modo o in un altro, per amore o per calcolo, estendono la funzione del potere; 
  • i soggetti della governance, che sono tutte le organizzazioni e le associazioni, fino ai singoli cittadini, che agiscono in applicazione delle decisioni politiche, nel sociale, nell’economico, nel giuridico, nello sport e nella cultura, per attuare i programmi di sviluppo e i progetti di sostegno o di indirizzo laddove è possibile.
    Riteniamo che l’insicurezza si produca quando tra questi tre insiemi di soggetti (o dentro di loro) si generi una scissione, una liminalità di gestione e/o di transizioni in cui s’insinuano le organizzazioni criminali. Specie con la criminalità organizzata che si identifica e/o si sostituisce, nella distribuzione della governance, agli istituti governamentali. Ma questo è un altro discorso.
    Ciò di cui discutiamo ora è se, nella logica della democrazia e anche nella logica del nuovo network sociale in cui viviamo, i Servizi Segreti possono o no essere abrogati. Non l’intelligence, dunque, che è una funzione sociale; ma i Servizi Segreti che non sono una Istituzione, che sono un istituto governamentale.
    I Servizi Segreti estendono il potere delle Istituzioni a cui dovrebbero essere indissolubilmente legati e non sempre lo sono.
    Inoltre, i Servizi Segreti sono un Istituto di un’altra epoca storica, di un altro Stato, di un’altra ragione. Epoca storica, Stato e Ragione che non c’è più. E, ripeto, nella società della comunicazione, non c’è più nemmeno il segreto. 

    Nel 2002, cioè 19 anni fa, David Steele, in un libro memorabile ed emblematico[5], ci spiegava che il 90% delle informazioni derivavano da fonti aperte, cioè da documenti noti e reperibili, accessibili a tutti. Bisogna soltanto saper selezionare le notizie significative dalla miriade di news insignificanti. E per far questo le spie non servono. 
    Ci vuole una competenza semantica. 
    Ci vogliono gli scienziati, che sono spesso molto lontani dai Servizi Segreti. 

    Nel 2006, in un libro molto meno emblematico e per niente memorabile[6], sempre comunque 15 anni fa, io stesso ho coniato la dizione “Sindrome di Shannon[7] per indicare come il surplus di informazioni fosse utile a nascondere altre informazioni. Figurarsi oggi, che siamo addirittura arrivati alla produzione di “scenari di verità[8], che pre-codificano una realtà da realizzare successivamente alla legittimità acquisita. Tutto questo avviene tramite nuovi istituti governamentali della cognizione (scuola, cultura, comunicazione, informazione, ecc…), una rete talmente ampia da svuotare di funzione il ruolo dei Servizi che restano segreti soltanto per sé stessi. Abbiamo tutti visto, seduti comodamente sul divano di casa, l’incontro tra un importante dirigente degli apparati italiani – che tutti conoscevano – con un leader politico ad un autogrill toscano, ripreso, diciamo così, dal telefonino di una passante occasionale e da telecamere fisse. Poi sbattuto su tutti i media nazionali. Perfino le telefonate private di altro leader politico sono state registrate e inviate alla trasmissione televisiva che non ha perso tempo per svolgere la nuova funzione dell’intelligence e costruire un proprio “scenario di verità”.

    Di fronte a tanti segreti disvelati, a che servono i servizi segreti, sedotti e abbandonati da una qualsiasi news real o fake?

    Esiste, direi, resiste la funzione di intelligence, ma naturalmente non è fatta di spie e spioni. È fatta di sentiment analysis, di mappe connettografiche, di previsioni probabilistiche, di entanglement tra eventi sociali, ponderazione dei fatti e curvatura del fronte d’onda della comunicazione, impatto sicurezza, azione. Temi e problemi che si affrontano essenzialmente nella nuova ricerca nei network. Se il lavoro degli istituti governamentali italiani è espresso nelle relazioni al Parlamento, come dovrebbe essere, tutto questo non si evince affatto. Ad esempio l’allarme pandemia, che Bill Gates ha urlato per anni in testi e convegni internazionali (appunto fonti aperte) non è stato assolutamente colto e il nostro paese, come altri d’altronde, è rimasto impreparato, totalmente indifeso da un virus che ha comportato una generale destabilizzazione (che i Servizi Segreti avrebbero dovuto evitare o arginare). E se nessuno, nessuno al mondo ha saputo valutare e valorizzare le dichiarazioni pubbliche ripetute con insistenza da uno degli uomini più ricchi e noti del mondo, cioè da un protagonista globale, vuol dire che l’obsolescenza dei Servizi Segreti è strutturale, valida per gli apparati di tutte le nazioni del mondo nella transizione verso la società della comunicazione.
    
    In un’epoca di transizione, come quella che stiamo vivendo, dalla società industriale sempre più nella società della comunicazione, istituzioni, istituti e soggetti precipitano in desuetudine, perdono legittimazione e, come le foglie morte di un albero[9], cadono rinsecchite. L’albero però aspetta la rinascita; che, con le riforme, sorgano nuove foglie e fiori, nel ciclo rigeneratore della vita.

    Siamo in transizione.

    Le prime cose che cambiano, se non cambiano le forme di governo, cambiano gli istituti governamentali. Forse restano le funzioni. Altri provvedono alle prestazioni. Si aspetta una riforma rigeneratrice. Se non ricrescono le foglie marcisce l’albero. Alla fine, la riforma dei Servizi Segreti Italiani del 2007 è risultata un mero cambio di nome: il SISDE è diventato AISE, il SISMI è diventato AISI e il CESIS è diventato DIS. È inutile che qualcuno mi spieghi che prima le competenze erano divise tra servizi civili e militari, mentre ora le competenze sono divise tra servizi interni ed esterni (se nei network glocali vale ancora questa distinzione). 
    Nella realtà, la sostanza della scissione tra il ruolo dei Servizi Segreti e la nuova funzione di intelligence nella società della comunicazione, qui denunciata con una certa vis polemica, resta inalterata ed anzi sempre più profonda. La riforma che speravamo, ben prima del 2007, era tutt’altra. Riguardava un apparato leggero, costruito su analisti con competenze epistemologiche, in grado cioè di decodificare fenomeni semplici, complessi e caotici con un certo grado di oggettivazione e capaci di un’analisi previsionale a probabilità giustificata e affidabile. Pensavamo ad una rete, non solo di informazione, ma principalmente di comunicazione che connettesse soggetti vari, dai centri di ricerca alle università, sociali ed economici, militari e polizieschi, fino al coinvolgimento e alla specializzazione professionalizzata della polizia locale per il controllo del territorio. Pensavamo di ricongiungere la funzione dell’intelligence con il ruolo dei Servizi per una prestazione di scenario credibile, perché in fondo pensavamo che non si potesse fare questo mestiere senza un’etica della responsabilità che, in molti poli del nostro network sociale e politico, ha perso la sua dimensione di coscienza collettiva per essere relegata a impegno individuale.

ooo/ooo

[1] BOBBIO Norberto, Democrazia e segreto, Einaudi, Torino 2011
[2] https://www.lastampa.it/cultura/2011/10/16/news/noberto-bobbio-il-segreto-della-democrazia-non-avere-segreti-1.36925167
[3] https://www.lastampa.it/cultura/2011/10/16/news/noberto-bobbio-il-segreto-della-democrazia-non-avere-segreti-1.36925167
[4] BATTISTELLI FABRIZIO, La sicurezza e la sua ombra, Donzelli Editore, Roma 2016
[5] STEEL David, Intelligence. Spie e segreti in un mondo aperto, Rubettino, Soveria Mannelli, 2002
[6] CECI Alessandro, Intelligence e democrazia. La relazione responsiva nella società della comunicazione, Rubettino, Soveria Mannelli 2006.
[7] Specificamente sulla sindrome di Shannon vedi https://sites.google.com/a/alessandroceci.eu/intelligence-e-democrazia/home/capitolo-4-democrazia-dei-limiti
[8] CECI Alessandro, Cosmogonie del potere, Ibiskos, Empoli 2011
[9] Si tratta della “Teoria delle Foglie Morte” di Carlo Arturo Jemolo. JEMOLO ARTURO CARLO, La crisi dello Stato moderno, Libri del tempo, 13, Bari, Laterza, 1954.

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