SICUREZZA - 2 concezioni propedeutiche - Nella mutazione sociale

 



2 - Concezioni di sicurezza: la sicurezza non è un valore assoluto. È un valore relativo, varia in relazione alla natura del proprio habitat sociale, cioè alle condizioni storiche che si determinano in diversi periodi storici. Naturalmente le azioni e soluzioni che possiamo scegliere sono anch’esse relative alle connotazioni dell’habitat sociale.



    Chiunque decida, a un certo punto della sua vita, per caso o per necessità, per amore o per calcolo, di affrontare il tema sulla sicurezza incontra e si scontra con varie riflessioni cosmiche relativamente ai nuovi compiti che spettano ai ruoli, in termini di funzione e principalmente in termini di prestazione[1]. Ciascuno deve affrontare le problematiche relative alle priorità, alle metodologie che i network nazionali e internazionali, oggi nella incommensurabile rete della complessità, nell’universo delle relazioni, necessitano per fronteggiare il problema della violenza nel mondo. In molti, operatori della sicurezza, studiosi ed analisti, cercano di avvalersi delle tecnologie più avanzate e delle metodologie più sofisticate per contrastare chi si avvale delle tecnologie più avanzate e delle metodologie più sofisticate.
    E compila il suo vademecum, il suo quaderno di punti, appunti e spesso contrappunti, necessario, sebbene non sufficiente, per viaggiare dentro gli articolati percorsi fisici e mentali, scientifici ed emozionali, logici e concettuali della sicurezza.

    Fabrizio Battistelli, ad esempio, inizia il suo libro distinguendo tra diverse concezioni della sicurezza: “nella prospettiva sociologica e psicologica essa può essere vista come un bisogno; in quella giuridica e politica come un diritto.[2]. Questa impostazione analitica del problema generale della sicurezza è tuttavia imprecisa, per non dire sbagliata.
    Innanzitutto nel metodo: proprio perché Battistelli separa, quando invece nella epistemologia delle scienze sociali moderne, come direbbe Lacan, bisognerebbe soltanto “separtire”. In termini epistemologici ormai è chiaro che un problema scientifico, come quello della sicurezza, ad esempio, non può essere separato dalla complessità delle sue interazioni cognitive. Può soltanto essere separtito, cioè “non separazione ma partizione all’interno[3] della complessità fenomenologica del problema trattato. Per Lacan infatti fin dall’origine è iscritta in noi e fuori di noi, nella realtà esistente, una “separtizione fondamentale” che si riverbera in quella che per ogni singolo e singolare individuo sarà “la struttura del desiderio”. Vale maggiormente, per noi, in termini epistemologici: quando si affronta un problema scientifico non bisogna mai dividere la propria concezione dalla complessità problematica che lo contiene. Mai separare. Sempre separtire, cioè costruire diverse partizioni interne, “in modo che siano iscritte fin dall’inizio nella nostra strutturazione metodologica[4].
    Successivamente nel merito: proprio perché Battistelli distingue ancora tra bisogni e diritti. I bisogni, sia quelli liberali della scala di Maslow[5], sia quelli radicali o marxisti proveniente dalla dialettica Hegeliana (in Agnes Heller[6] o Ronald Inglehart[7]), mirano ad una loro, seppur fugace, soddisfazione (o, come direbbe Lacan, il desiderio si sublima nel godimento): “la prima accezione di sicurezza chiama in causa la dimensione sociale ed economica: individui e gruppi hanno come bisogno prioritario la sopravvivenza, fondata sulla possibilità di nutrirsi, vestirsi, avere un alloggio[8]. I diritti, invece, sono, sempre secondo questa interpretazione, inscindibilmente legati ai doveri: “Agli albori della modernità, l’individuo che appartiene ad una società comincia ad essere concepito come un autonomo soggetto economico e politico titolare di diritti nei confronti del potere politico e quest’ultimo come un’entità che ha non solo delle potestà ma anche dei doveri nei confronti dell’individuo stesso.[9]

    Personalmente considero questa distinzione dicotomica, questa separazione tra una sicurezza preventiva derivante dai bisogni e una sicurezza protettiva derivante dai diritti, decisamente impropria. In un’ottica planetaria, in cui siamo tutti vittime di una comune indigenza, chi ha più bisogni deve avere maggiori diritti. Dal mio punto di vista, in quanto fondamento originario di separtizione individuale e soggettiva, la sicurezza è un problema ancestrale. Prima ancora di essere logico è antropologico. E, in quanto separtizione originaria fondamentale, il contenuto della sicurezza che di volta in volta bisogna assicurare non è assoluto, è relativo. Cambia in funzione dell’habitat sociale a cui fa riferimento; è relativa ai cambiamenti che avvengono nella vita degli esseri umani.
    Le società cambiano. E cambiano in diverso modo.
    Ho imparato a distinguere due diverse separtizioni nell’evoluzione sociale: i mutamenti e le mutazione.
    Per mutamento si intende un cambiamento del fenotipo sociale. Come e più dei singoli organismi le società hanno una serie di caratteri e di caratteristiche, come ad esempio l’aggregazione familiare, gli usi, i costumi e, in generale, i comportamenti sociali, che sono percepibili e osservabili. La sociobiologia contemporanea distingue questi caratteri in fenotipi negativi, quelli che cadono in desuetudine e tendono a scomparire nel corso degli anni, e i fenotipi adattativi, quelli che si riscontrano nell’habitat, si propagano rapidamente come moda, restano come background culturale e si solidificano in tradizioni. In ogni caso, il mutamento di una qualsiasi organizzazione è sempre un cambiamento fenotipico.
    Per mutazione, invece, si intende un cambiamento del genotipo sociale. Infatti il cambiamento del genotipo non modifica i caratteri di una determinata organizzazione, ma la sua connotazione. Si tratta di un cambiamento dei geni sociali, di una trasformazione strutturale del DNA di una determinata società. Ad esempio, il modello di vita degli umani passa da migrante a sedentario, da agricolo a industriale, da fisico a bionico. Una mutazione cambia dunque definitivamente il corredo genetico di un contesto politico o di una determinata società.


    Dunque ricapitoliamo: se il potere è un fatto sociale totale e sia la Mutazione sociale [Ms] sia la Sicurezza [S] sono funzioni del potere [f(p)], lo è, per coerenza logica anche l’insicurezza [I=f(p)]. Lo aveva capito Hobbes[1], che considerava il passaggio dal Caos al Kosmos, cioè il processo di civilizzazione dell’umanità, come il prodotto di un implicito contratto sociale, come con un patto tacito di delega della forza legittima ad un potere sovrano, con cui si passa dalla violenza istintiva e caotica della natura (in cui la serpe mangia il merlo che mangia i vermi e l’uomo è ancora animale, lupo per se stesso), alla violenza istitutiva delegata ad un soggetto, il Leviatano[2], deputato ad esercitarla per il diritto di tutela e sicurezza di tutti. Soltanto una manifestazione di volontà, un patto, un contratto sociale, trasforma l’animale in cittadino. Soltanto il contratto inverte la condizione dell’umano e la cristallizza in una forma che, per questo, diventa sostanza. Il contratto è, così, uno strumento di sopravvivenza, utile ad assicurare il controllo e la gestione della paura per garantire sicurezza nella città degli uomini.
    Senonché, questo è il punto, la città cambia e per noi  ha seguito le mutazioni del potere: quattro, solo quattro mutazioni, in una dinamica in cui la funzione del potere è sempre la stessa: garantire la propria vita, dalla sopravvivenza (ontopower) alla cura (biopower), e governare l’habitat di autotutela della specie, dalla rappresentanza (egopower) alla rappresentazione (epipower).

Senza questa concezione propedeutica noi non possiamo nemmeno analizzare le separtizioni della sicurezza rispetto alle modificazioni dell’evoluzione sociale:
  •  in epoca di ontopower, il potere della sopravvivenza, la separtizione riguardava essenzialmente la sicurezza fisica assicurata dalle ipotesi contrattualistiche del giusnaturalismo;
  • in epoca di egopower, il potere della appartenenza, la separtizione riguardava essenzialmente la sicurezza tutelata dalla rappresentanza politica e dalla identità storica tramite strategie di inclusione e/o di esclusione che oggi classifichiamo nel processo di integrazione del labeling approuch;
  • in epoca di biopower, il potere del controllo della vita, il potere dello status, la separtizione della sicurezza era dettata principalmente dalla capacità di socializzazione, dalla cura, dalla tutela della propria gratificazione, dalla accoglienza e dal sostegno guidato delle strutture governamentali di segmentazione della libertà e dalla capacità di interpretazione critica dei propri deficit situazionali;
  • nella grande mutazione che stiamo vivendo, nell’epoca dell’epipower, nell’epoca del potere eccedente ed eccessivo (epi) perché è il potere epistemologico della verità sulla realtà (epi), la separtizione della sicurezza emerge dalla comunicazione, da questa nuova cosmogonia essenzialmente cognitiva, emerge come una nuova visione delle regole che governano le nostre interpretazioni, può emergere come omologazione o addirittura come lobotomizzazione della intelligenza collettiva, e deve trovare il suo spazio nella relazione responsiva che sostituisce il rapporto di rappresentanza politica per la gestione e la generazione della nostra quotidianità nella vita. Più di tutto, però, la sicurezza contemporanea è il prodotto della sostenibilità simbiotica, cioè della nostra capacità di percepire come sostenibile la vita in un determinato habitat sociale, fino a che punto cioè l’avvento di un evento schockante rende sostenibile il nostro dominio relazionale, fino a che punto sostiene la simbiosi con il nostro contesto sociale di riferimento (habitat) senza il quale non possiamo sopravvivere come individui e come specie umana.







[1] HOBBES Thomas, Dialogo fra un cittadino e uno studioso comune d'Inghilterra, Utet, Torino 1971

[2] HOBBES Thomas, Il Leviatano, Utet, Torino 1971

[1] Per una articolata distinzione tra ruolo, funzione e prestazione, vedi Luhmann Niklas, Illuminismo Sociologico, Il Saggiatore, Milano

[2] BATTISTELLI Fabrizio, La sicurezza e la sua ombra, Donzelli Editore, Roma 2016, p.3
[3] LACAN Jacques, Seminari – Libro X -, Einaudi, Torino 2007, p. 256
[5] MASLOW H. Abraham, Motivazione e personalità, Armando, Roma 2002
[6] HELLER Agnes, La Teoria dei Bisogni in Marx, Feltrinelli, Milano 1974
[7] INGLEHART Ronald, La società postmoderna. Mutamento, valori e ideologie in 43 prassi, Editori Riuniti, Roma 1998
[8] BATTISTELLI F., cit. 2016, p. 4
[9] BATTISTELLI F., cit. 2016, p. 4


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