SOCIALISM LIFE 6 - la cultura integrale dell'umano


 

Alessandro Ceci

per me socialismo significa cultura” 

Ortega y Gasset 


La città che avremo non sarà la città che abbiamo avuto, riproposta. 
Non recupereremo il passato. 
Questa è la falsa illusione dei nostalgici. 
Il passato lo possiamo soltanto vivere, conoscendolo, ma non ripristinare. 
Ciò che eravamo non possiamo più essere. 
Per fortuna. 

Il passato lascia la sua scia, che si trasforma in storia e ci racconta della nostra identità e della nostra identificazione, da dove proveniamo e chi ancora siamo, quale passato viviamo e come continueremo, ma non il futuro che avremo. Il passato, come voleva Hannah Arendt[1], ci spinge avanti, nel momento in cui il futuro ci chiama indietro e l’uomo moderno vive in questo presente vuoto che è stato e non sa ancora cosa essere. In realtà ciò che possiamo vivere davvero è sempre e soltanto il passato perché la memoria è il nostro orientamento antropologico. 
Il futuro sta lì, immaginato, ipotizzato, talvolta idealizzato, ma totalmente ignorato. 
Noi non riavremo la città che abbiamo già avuto, non realizzeremo ciò che non siamo riusciti a realizzare, non otterremo risarcimento per ciò che non abbiamo ottenuto. 

Tuttavia, come diceva Musti, esistono degli “elementi fondamentali” o “persistenti” che restano nel connotato genetico dell’umanità, e si ripropongono dal passato nel presente e si riproporranno nel futuro. Sono connotati strutturali alla nostra storia, dalla conquista della posizione retta ad oggi, elementi essenziali che si ripresentano e senza i quali non saremmo assolutamente ciò che siamo. “Ma bisogna capire che la coscienza di questi problemi, difficoltà e metodi non può opporsi alla constatazione della affinità profonda di idee, recuperate da una analisi attenta, che si può dire attraversino società, culture, strutture diverse nel tempo, con la forza di principi fondamentali. A questi si potrà applicare non la definizione di valori eterni, ma piuttosto quella di princìpi persistenti, periodicamente riemergenti e puntualmente ricorrenti, tutte le volte che si ricreino le condizioni perché l’uomo medio, l’uomo comune, che è il vero «eroe segreto» della democrazia, ritorni ad essere soggetto politico, e protagonista del movimento storico.[2]

La libertà non è uno di questi elementi fondamentali. Il limite della libertà è che per esercitarsi ha bisogno di limiti. E il posizionamento dei limiti è variabile da situazione in situazione, in base alle diverse condizioni. La libertà è un valore senza assoluto. Ormai sono noti gli esperimenti che dimostrano come, sia negli umani che nei primati, in situazioni sociali complesse e restrittive, esiste una bisogno collettivo all’autocontrollo. Anche i primati, infatti, “poiché vivono in una società gerarchica, dove i subordinati non possono agire come vogliono[3], devono inibire molti impulsi. 

Pertanto, se anche gli animali si limitano rispetto a determinate condizioni sociali, cioè “sono capaci di reprimere una reazione se ciò dà loro un vantaggio nel futuro[4], vuol dire che la libertà è sempre comunque condizionata da decisioni logico razionali in grado di controllare e superare la reattività istintiva delle emozioni. “Sia gli umani che i primati agiscono sulla base di una combinazione di tendenze naturali e decisioni cognitive basate sull’esperienza: in questo senso entrambi hanno un grado limitato di libertà.[5]

Franz de Waal, etologo, primatologo, più in generale antropologo, ha scoperto che, non la libertà individuale, ma l’etica, la morale collettiva favorisce la cooperazione in ogni animale sociale esistente[6]. Quindi, l’etica è un moltiplicatore della fitness evolutiva. 
In una intervista, nel corso del quinto incontro tra autori e pubblico del Premio Galileo, Franz de Waal spiega che la moralità “ci chiede di mettere da parte i nostri interessi personali e lavorare invece per il bene comune. Si tratta di un sistema complesso che la religione e la filosofia hanno tentato di racchiudere in regole semplici (come la regola aurea o i dieci comandamenti), che però sono solo compendi imperfetti. Amiamo considerare la morale come data dall’alto, ma questo è solo una reminiscenza della storia della divinità che ci parla dalla montagna. Non ci sono prove che sia davvero iniziato come un sistema top-down. La scienza sta piuttosto approdando alla visione di Hume della moralità guidata da intuito e passioni. Osservando gli altri primati, riconosciamo molte delle tendenze che soggiacciono alla nostra moralità, come regole di reciprocità, empatia e simpatia, un senso di lealtà e il bisogno di andare d’accordo.[7]

A parte la confusa commistione tra moralità ed etica, tollerabile perché abbastanza comune, resta un dato inequivocabile. Questo essere “orientati all’armonia”, questo equilibrio politico, come lo chiamava Cicerone, queste “regole di reciprocità, empatia, e di controllo del contributo di ognuno”, questo prendersi “cura l’uno dell’altro”, questo “sforzo comune” finalizzato ad “allargare le nostre società fino ad includere migliaia, milioni di persone”, questa cooperazione, questo vantaggio nella fitness evolutiva della nostra specie, è un elemento fondamentale della nostra storia? Questa socialità conviviale è ancora un passato che stiamo vivendo, un vissuto che sarà rivissuto nel futuro prossimo venturo? E, infine, questo socialismo antropologico, genetico, questo socialismo-vita è o no un principio persistente per ogni generazione? 

Franz de Waal, ha realizzato il sogno di Ortega y Gasset: “mi aspetto dalla scienza la scoperta della virtù[8]. E come se parlasse del mondo di oggi e degli analfabeti funzionali, continua: “La grande speranza che ripongo nella scienza consiste in questa scoperta del mondo morale. Un popolo qualunquista, ebbro di erotismo senile, senza allegria né rispettabilità, non può elevarsi spontaneamente, per impulso del cuore, alla coscienza della virtù.[9]

Ora, che cosa è questa virtù, che si mostra come azione sociale etica o comportamento individuale morale? 

Ortega riprende, contro l’economico strutturale di Marx, la vecchia idea di Saint-Simon secondo cui, per cambiare il mondo, occorre un potere spirituale o, meglio, un potere ideale. “L’uomo intanto è uomo in quanto è capace di scienza e di virtù, di cultura. Questo è il senso grandioso del socialismo iniziato da Saint-Simon; questo è il contenuto inesauribile dell’idea democratica: è necessario che si pongano tutti gli uomini nella condizione di essere pienamente uomini. Uomo non è colui che mangia meglio; uomo è colui che pensa e si comporta con rigorosa moralità. Il mangiare, il vestire, tutto l’economico non è altro che un mezzo per la cultura.[10]
Continua la confusione tra etica e morale. Morale è rispetto delle regole. Etica è il senso della giustizia. Nessuno dei due è perfettamente positivo, come d’altronde niente al mondo. Una morale nazista, che rispetta le regole dello sterminio di massa (come pretendevano di sostenere i processati a Norimberga), distrugge l’intera umanità. Un’etica terrorista, che vuole imporre con la violenza il suo rifiuto alla ingiustizia del mondo, è comunque un atto di sopraffazione e di distruzione dell’altro. Continua la confusione fra etica e morale (il socialismo è più etico che morale, il liberalismo è più morale che etico), ma non fa niente. 
In ogni caso, per Ortega y Gasset, questa sintesi estrema, “imporre la cultura, la serietà scientifica, la giustizia sociale[11], è il compito del socialismo nel nuovo mondo. 

In questo il socialismo, più del liberalismo, è un elemento fondamentale, un elemento persistente nella storia dell’umanità. Kelsen, padre del liberalismo moderno sosteneva che la democrazia è la forma. Dall’antica Grecia a noi, da Pericle, la democrazia liberale, grazie alla sua forma, ha costruito il cittadino, trasferendo a lui i diritti, tutti i diritti derivanti dalla sua cittadinanza. La democrazia sostanziale, quella socialista, la socialdemocrazia europea ha rafforzato il principio democratico in quanto lo ha esteso a tutti gli uomini e, oggi verso il domani, a tutti i viventi. I diritti di cittadinanza, condotti da una morale liberale, sono diventati diritti di umanità condotti dall’etica socialista. E saranno, nel futuro prossimo venturo, il diritto alla vita e alla felicità, l’autoregolata congiunta articolazione di desiderio e godimento. Perché il socialismo è “un ideale dalle poppe inesauribili intorno al quale si raggruppano, si unificano, concordano, comunicano, si socializzano gli uomini; prima di tutto e più di tutto siamo un principio di amicizia[12]

E allora? 

Allora, questa amicizia che è il socialismo, nella città del futuro che verrà come nel passato che è stato, sarà ancora un elemento persistente perché, oltre al problema della distribuzione economica, si occupa della vita, degli habitat di vita di ciascuno di noi fuori dai quali non sopravvive nessuno: perché si occupa della cultura, questo potere ideale, questo potere spirituale del moderno che “deve organizzare gli uomini[13], che sia cioè “coltivazione scientifica, in ogni uomo, della possibilità di intendere, della sua moralità, dei suoi sentimenti[14]; un potere ideale riformatore per qualificare la democrazia affinché “ricostruisca la società, che tutti gli uomini partecipino di essa e che le istituzioni si trasformino in modo che tutti possano essere colti[15]; dunque un potere ideale che deve essere anch’esso distribuito, in modo che tutti gli uomini, educati alla conoscenza, siano destinatari del “diritto alla cultura integrale umana[16]

ooo/ooo

[1] ARENDT Hannah, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 2017 
[2] MUSTI Domenico, Demokratìa. Origini di un’idea, Laterza, Bari, 1995, p.XXIII 
[3] In https://ilbolive.unipd.it/it/content/le-scimmie-ci-mostrano-come-nasce-la-moralita 
[4] In https://ilbolive.unipd.it/it/content/le-scimmie-ci-mostrano-come-nasce-la-moralita 
[5] In https://ilbolive.unipd.it/it/content/le-scimmie-ci-mostrano-come-nasce-la-moralita 
[6] WAAL (de) Franz, Il bonobo e l’ateo. In cerca di umanità fra i primati, Raffaello Cortina, Milano 2013 
[7] In https://ilbolive.unipd.it/it/content/le-scimmie-ci-mostrano-come-nasce-la-moralita 
[8] ORTEGA y GASSET José, Liberalismo, Democrazia, Socialismo, in Opere, Utet, Torino 1979, p.352 
[9] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.353 
[10] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.361 
[11] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.362 
[12] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.356 
[13] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.361 
[14] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.361 
[15] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.361 
[16] ORTEGA y GASSET J., cit. 1979, p.361

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