LA PANDEMIA E LO STATO



Una esperienza drammaticamente istruttiva? 




Una delle solite litanie nostrane, che tutti ripetono senza sapere davvero perché, è che dopo questa pandemia dolorosa e fulminante, sarà tutta un’altra vita, tutta un’altra cosa. 
Perché? 
Precisamente non si sa. 
Forse non si tratta di un’affermazione ma di una speranza; una infantile speranza religiosa, una fede modellata sullo schema logico della morte del corpo e della rigenerazione dell’anima. 
Tutto dovrebbe risorgere in una condizione di vita migliore e assolutamente purificata dal doloroso demone, dal male del CoVID19. 
Perché? 
Tutto andrà bene, ma bene bene non si sa. 

Forse perché la pandemia ha squarciato il velo tra le fake news e la scienza ha recuperato credibilità dopo il maligno sospetto delle eccessive vaccinazioni, dimostrando che la stupidità è una concreta minaccia alla nostra sopravvivenza? Oggi vogliono tutti un vaccino in più. 
Ci ha insegnato, la pandemia, che con i pregiudizi fideistici non si può governare, ma che occorre competenza per governare anche un piccolo comune in una realtà complessa? 
Questo però già lo sapevamo e, nonostante tutto, molto elettorato ha ceduto alla retorica dell’antipolitica fatta, senza volersene accorgere, dai migliori professionisti della politica. Non lo vedeva soltanto chi non lo voleva vedere. 

Non abbiamo assistito a 20 anni e più di sistematica distruzione degli spazi della cognizione pubblica, come le Scuole, le università, il teatro, la riduzione della competenza ad un mero bilancio, ad una contabilità ragionieristica di crediti e debiti? Non lo vede solo chi non lo vuole vedere. 

Non sapevamo che le informazioni che giravano nel web e in Parlamento erano chiaramente false, volutamente false, calcolate per essere false, dalla nipote di Mubarak ai dati sull’immigrazione a cui bisognava credere per schieramento e non per ragione? Non lo vede sono chi non lo vuole vedere. 

Non abbiamo sentito insultare gli altri di essere inutilmente colti e noiosamente critici, troppo difficili perché imponevano un ragionamento, senza essere pratici, concreti, pieni di madri vili, come scriveva Pasolini, “poverine, preoccupate / che i figli conoscano la viltà / per chiedere un posto, per essere pratici, / per non offendere anime privilegiate, / per difendersi da ogni pietà.”? 
E ancora, non abbiamo avuto: “ madri feroci, che vi hanno detto: Sopravvivete! Pensate a voi! / Non provate mai pietà o rispetto / per nessuno, covate nel petto / la vostra integrità sdi avvoltoi.”? 
Non lo sapevamo? 

Non sapevamo che l’Italia ha selezionato al contrario il suo ceto direzionale complessivo, per fedeltà e appartenenza, e quindi è diventata “Terra di infanti, affamati, corrotti, / governanti impiegati di agrari, prefetti codini, / avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, / funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, / una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!”? 
Non lo sapevamo? 
Certo che lo sapevamo. 
Che cosa cambia di questo, di tutto questo la pandemia? 
Niente, naturalmente, assolutamente niente di niente. 

E che cosa cambia rispetto ad un paese che non può e non vuole riformare i suoi fattori morfologici per riformulare i suoi equilibri, come il fattore fiscale, perché le organizzazioni criminali non lo permettono al fine di garantire le condizioni di comodità del riciclo del denaro sporco; o il fattore elettorale perché prima di ogni elezione bisogna fare un calcolo di convenienza sulla base dei sondaggi, per sopravvivere, per resistere, per esistere; o il controllo del fattore comunicazione con vari strumenti di induzione e produzione del consenso? 
Non lo sapevamo? 
Certo che lo sapevamo. 
Che cambia la pandemia rispetto a questo? 
Niente di niente. 

Potrei continuare così, pagine su pagine, per dimostrare che tutti sperano che la pandemia cambi il mondo e, come il venditore di almanacchi di Leopardi, nessuno sa perché. 
La verità è che, senza fare troppi sforzi, si cede, per amore o per calcolo, alla stupidità degli altri per concedere una legittimazione alla propria stupidità. 

Eppure un argomento, alla dolorosa utilità della pandemia c’è. 
La Pandemia si trasmette sulla base delle relazioni sociali civiche. Questa propagazione ha messo in discussione le nostre strutture governamentali

Le strutture governamentali sono state scoperte e denominate Michel Foucault e consistono in quelle organizzazioni che mediano tra la decisione politica e il rapporto con il cittadino, assicurando al potere l’esercizio della sua microfisica. Si collocano, pertanto, tra il Governo e la governance e sono: da un lato, la burocrazia degli apparati istituzionali; dall’altro, gli istituti di controllo comportamentale di ciascuno di noi, quelle che gestiscono la nostra vita, che detengono il biopotere della biopolitica, come la famiglia, la scuola, gli ospedali, le carceri, la giustizia, la polizia, le banche, ecc… ecc… 
In altri termini, le strutture governamentali gestiscono la governance dello Stato. 
Se le strutture governamentali non funzionano, si apre un vuoto politico pericolosissimo per qualsiasi democrazia. La governance sfugge allo Stato e diventa il più prezioso patrimonio, l’alveo naturale di espansione, l’habitat delle organizzazioni criminali. Anzi, spesso le organizzazioni criminali destabilizzano appositamente le strutture governamentali per gestire, in loro vece, la governance. 
L’Italia docet. 

La pandemia mette clamorosamente in evidenza tutto questo. 
Il Governo decide di distribuire i soldi alle imprese e ai cittadini. Se le strutture governamentali burocratiche, come l’INPS ad esempio, non funzionano e i soldi pubblici arrivano in ritardo, cittadini ed imprese sono costrette a rivolgersi ad altre strutture governamentali private, cioè ad istituti come le banche. Le banche però sono appunto private e fanno i propri interessi di bottega. Piuttosto che il rischio di erogare i fondi alle imprese di produzione e ai cittadini in difficoltà preferisco specializzarsi sui meccanismi dell’economia finanziaria. I cittadini e le imprese o muoiono di fame e falliscono, o sono indotti a rivolgersi a creditori privati. Gli unici che hanno liquidità immediata disponibile sono le organizzazioni criminali che erogano con piacere e subito: o per usura; o per conquistare un potere sociale di influenza. Alla fine, l’incapacità o la convenienza da parte delle strutture governamentali di non gestire efficientemente ed efficacemente la governance favorisce il potere delle organizzazioni criminali. 
L’Italia docet. 

In Europa è diverso. La politica delle nuove piattaforme continentali di nazionalità è dettata da un’integrazione tra strategie di governance e strutture di governo. La crisi emerge laddove governance e governo sono scisse, dove si genera un vuoto politico nella gestione governativa della governance. Ciò che viene interpretato come tecnostruttura burocratica delle istituzioni europee, sono invece le strutture governamentali che tengono assieme Governo e governance, in una nuova concezione delle istituzioni. Infatti, L’Europa ha la più grande governance del mondo moderno. Per quanta forza militare, egemonia o supremazia politica possano avere tutti gli altri, è con la governance che si gestisce la propensione al consumo, è con la governance che si diventa influenti nel mondo moderno. Non serve una Carta Costituzionale per fare uno Stato. Servono strutture governamentali integrate, servono politiche di governo che siano simbiotiche alla governance. Da questo punto di vista, anche la presenza polemica (per quanto ridicola) dei populisti e dei sovranisti, favorisce il processo di politicizzazione europea perché per la prima volta lo scontro è più sulle politiche che sui territori, più sulla natura politica dell’Unione che sui suoi confini. 
L’Europa, con la sua governance che certamente deve migliorare, con il suo governo che certamente deve migliorare e con le sue strutture governamentali che certamente deve migliorare, è tuttavia perfettamente attrezzata per il nuovo mondo post pandemico: molto di più dei suoi concorrenti continentali, ormai rallentati da strutture statali e politiche ottocentesche. 

In Italia invece non viene riformato davvero nessuno dei 3 fattori morfologici dei network politici: il fattore fiscale (i soldi), il fattore elettorale (gli uomini), il fattore culturale (le idee). E mi sono convinto che questo non accada per due motivi. 
Uno è sicuramente quello della stupidità sociale estensiva. Non si vuole capire che, nella società dei network, la democrazia è qualificata dalle connessioni e non solo dai poli, dalla governance e non solo dal governo. 
L’altro, di cui mi persuado sempre più giorno dopo giorno, è dato dalla presenza delle organizzazioni criminali che hanno indispensabile bisogno di un fattore fiscale confuso e confusionario che permetta il riciclo e l’evasione, di politici selezionati sulla appartenenza e sulla fedeltà in modo che le trattative siano circoscritte a una élite di pochi capi, di una cittadinanza che faccia della ignoranza un valore sociale per poter credere perfino che, in una nazione con: 
  • · 4 organizzazioni criminali strutturate, tra le più efferate nel mondo; una miriade di bande locali, condannate sul piano della volontà etica e morale, ma esaltate da atteggiamenti mediatici quotidiani; 
  • · 40 anni di organizzazioni terroristiche di svariata tipologia e colore; 
  • · lo Stato che metteva le bombe; 
  • · Servizi di Sicurezza dello Stato deviati, dell’intelligence corrotto e colluso all’interesse delle correnti e talvolta di singoli capi; 
  • · uno o due Golpe tentati e falliti; 
  • · intere Regioni della nazioni come zona franca, dove potevano essere trasferiti i più efficienti e fastidiosi servitori dello Stato, per essere regolarmente e impunemente ammazzati; 
  • · un livello altissimo di micro corruzione diffusa e di macrocorruzione finalizzata; 
  • · un livello di evasione incontrollabile perché frammentata; 
  • · un ceto politico bloccato per circa 50 anni; 
  • · i fondatori del partito che prevalentemente ha governato l’Italia finiti in galera per favoreggiamento ed associazione mafiosa; 
  • · una serie cospicua di ex premier condannati;
  • · nomenclature politiche che formano un parlamento di nominati; 
di poter credere, insomma, che il problema della sicurezza nazionale siano i disperati che arrivano sui barconi. 

La pandemia si espande nella governance. Poiché i criminali e gli ignoranti non sanno curare, lo Stato è costretto a riprendere in mano, magari proprio riformando e riformulando le strutture governamentali, la governance. Altrimenti il virus finisce fuori controllo e il dramma diventa una catastrofe. 
Ecco l’unica vera innovazione possibile del mondo post-pandemico: la gestione istituzionale della governance. 
Per far questo, però, è indispensabile che si riformino e riformulino le strutture governamentali, per togliere l’alveo vitale alle organizzazioni criminali: da un lato, la burocrazia; dall’altro, gli istituti della microfisica del potere. 
Ma non lo sapevamo già? 
Certo che lo sapevamo. 
E allora perché non lo abbiamo mai fatto? 
Perché le organizzazioni criminali non ce lo hanno mai permesso. 
E perché dovrebbero permettercelo ora? 
Perché la pandemia ha svelato l’arcano perverso meccanismo autoreferenziale: le strutture governamentali disarticolate permettono l’articolazione delle organizzazioni criminali che, per articolarsi meglio, disarticolano ulteriormente le strutture governamentali. 
Ma non lo sapevamo? 
Certo che lo sapevamo. 
E allora, perché…. 

Pandemia o non pandemia, fino a che non spezzeremo questo loop, non ci sarà niente da fare.

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