PASOLINI E GLI ZII BIGOTTI




A scanso di inopportuni equivoci cito Pasolini:

… e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, 
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!


Pasolini ha descritto bene questi personaggi che accompagnano, come servi sciocchi e senzienti, il potere nella storia. Non vivono nelle camere del potere, come diceva Carl Smith, vivono nella penombra delle anticamere, nascosti, acquattati, pronti a reagire a comando e a vomitare con il telecomando. 
Hanno il terrore di essere visti e sentiti e sfuggono puntualmente ogni confronto pubblico, chiaro, per mestare nel torbido sotterraneo e privato. 

Non dobbiamo preoccuparci molto. Ci sono sempre stati nella storia; mistificati nella penombra del nulla, senza mai impegnarsi davvero, scaricando su altri le responsabilità che pesano troppo per loro e cercando di conteggiare i propri privilegi e i propri micro vantaggi provinciali. E divorano il corpo della città mistificando i loro fallimenti. Sono coloro che ti dico ogni volta che tu sei troppo teorico o troppo sognatore. Poi vai a guardare e ti accorgi che loro hanno fatto molte, ma molte, ma molte meno cose concrete di te, nella vita. Coloro che si mettono sempre con chi vince credendo di essere utile e determinante, quando invece è solo uno sgabello necessario ad innalzare altri. Coloro che cercano con opportunismo di avere una opportunità, con molto protagonismo e poca ambizione. Quelli che si autoproclamano, che sanno dove mettersi e sbagliano sempre il posto. Quelli che usano i partiti come taxi per le loro fortune e, alla fine dei conti, sono i più sfortunati di tutti. Quelli che devono vincere senza convincere, vivere per sopravvivere, aggrappati disperatamente a una parte egocentrica, alla illusa rappresentazione di un ruolo. Quelli che per essere caporali perdono la loro dimensioni di uomini, che hanno paura, come diceva Simone Weil, di essere nudi. Quelli che trovano sempre una giustificazione ai loro misfatti, che non hanno la forza di essere superiori ai propri risentimenti, che dopo averti offeso con i loro comportamenti, vorrebbero un riconoscimento per i propri insegnamenti. Quelli che quando arrivano loro usano il vecchio metodo di affermare che da quel momento tutto è nuovo. In fondo, però, si sentono furbi nella loro stupidità e stupidi nella loro furbizia. Quelli che usano l’ironia per sentirsi obiettivi nel difendere la propria appartenenza. Quando qualcuno fa notare loro come sono stati scaltri sorridono di se stessi, soddisfatti della propria cattiveria. Sono quelli delle maldicenze che coprono le malefatte. Indifferenti ai soprusi. Quelli che sono contro gli immigrati e vanno a pregare in chiesa, buoni cristiani che votano regolamenti comunali discriminatori contro le diverse religioni approfittando dell’indifferenza acquiescente dei molti. 

Mi fanno tenerezza.

In realtà, sono figli che cercano un amore che non hanno mai avuto e quindi hanno paura di affrontarsi davvero. Hanno il terrore di confrontarsi. Hanno paura di essere visti dagli occhi delusi della madre che non li ha mai amati nella loro insignificanza, nella loro vacuità. Oppure, madri che li hanno amati per dovere, non in qualità persone, ma in quanto figli. Un amore dovuto dal ruolo sociale, un amore istituito e talvolta istituzionale, un amore necessario a soddisfare la identità dei genitori piuttosto che le esigenze dei figli. Un amore senza relazione. Una relazione senza amore. E allora sono disposti a qualsiasi orrore pur di ricevere da chiunque quella carezza mai ottenuta. Così, improvvisamente o improvvidamente, quel chiunque diventa il loro più intimo amico. 

Mi fanno tenerezza.

Alla fine sono sempre soltanto figli educati da madri feroci e soffrono la loro mediocrità più di ogni altra cosa.

Cito ancora Pasolini:
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provare mai pietà o rispetto
Per nessuno, covate nel petto
La vostra integrità di avvoltoi!


Ne ho incontrati tanti, ovunque. Nei centri di ricerca, in politica, nelle università, nelle cene, tra sorrisi falsi di denti cariati, nella imprenditoria e tra il lavoratori, tra un insulto e una indifferenza, a Roma, a Milano, a Napoli, a Pomezia,  a Latina, a Terracina nella distrazione, nella volontaria disattenzione, pieni della insopportabile banalità del male o, anche, della insostenibile leggerezza del proprio essere. Tutti uguali.
Scende dagli schermi con cui si proteggono quella lenta, mielosa, melmosa, merdosa e nauseante colata di ipocrisia, indispensabile per la difesa del capo, possibile dispensatore di deleghe. Una ipocrisia indispensabile, come diceva Flaiano, a sostenere il vincitore.
I loro partiti sono dei taxi per i propri vantaggi. Ignorano che una scelta politica  non è schieramento ma identità. 

Non voglio spendere per loro troppe preziose parole.

Anche perché,  comodamente, restano rintanati nel muto opportunismo dell’interesse, disponibili a giustificare o, meglio, quando non si può giustificare, a tacere, utilizzare la vantaggiosa distrazione, proprio come si faceva quando i nazisti deportavano gli ebrei o quando i farisei condannavano Cristo. Un mutismo opportuno che diventa logorroico moralismo quando bisogna compiacere il capo. 

Giggi Nofi, troppo spesso esaltato a sproposito, le ha chiamate le “cecette muraliste”, in una splendida poesia dal sapore trilussiano. Sono cecette che predicano in chiesa e praticano sopra la fossata. 

Concludo con una nota seria, spero istruttiva per tutti. 

Cicerone sosteneva che un buon oratore (noi diremmo oggi un analista o uno scienziato sociale) deve attenersi alla eloquenza dei fatti. I fatti parlano più delle parole, che invece possono disorientare, costruire delle verità che non sono affatto corrispondenti alla realtà. 

Ebbene qui il fatto è...

Il resto sono solo parole disorientanti, un fastidioso rumore di fondo che vorrebbe oscurare la volgarità del comportamento. 

Mi fanno tenerezza questi bambini traditi dall'ansia di dover dimostrare qualcosa, qualsiasi cosa.

Commenti

Post popolari in questo blog

SU JUNG

SOCIALISM LIFE 24 - dall’avvento all’evento

GENEALOGIA DELLA DEMOCRAZIA: 2 - Clistene