TURISMO: SAGGIO DI POLITICA LOCALE 2.b)


Turismo
Una esperienza mediterranea
anno 1998

2 - …il paradigma di riferimento 
(ovvero: la connotazione situazionale) 
2.b) valenza e prevalenza 



essere realisti oggi significa 

un cambiamento radicale” 

M. Aubry 



In parte è anche questo il senso degli appunti di politica turistica che qui si presentano: volersi giudicare, farsi giudicare. 
Le esperienze non passano nella vita degli uomini con indifferenza. La vita non ci scivola addosso come l’acqua che scorre. Il tempo è breve e le azioni che compiamo segnano i nostri anni e segnalano la nostra presenza. 
Comunque esse siano, qualsiasi dimensione abbiano assunto, giuste o sbagliate, queste esperienze, queste azioni sono ciò che resta della nostra testimonianza al mondo, sono le orme del nostro “passaggio in ombra[1]
Abbiamo fatto bene?
Abbiamo fatto male?
Siamo stati incisivi, indifferenti, presenti, assenti, opportuni? Siamo stati giusti?
Siamo stati nel giusto?
O abbiamo sbagliato?
Tuttavia ci siamo stati. E per questo, forse soltanto per questo, a un certo punto sentiamo il bisogno di respirare. Fermarsi un attimo e guardare. Anzi, far osservare. Sospendere e farsi giudicare. E, grazie al giudizio degli altri, giudicarsi. 
Naturalmente quest’autoanalisi può avvenire lasciando correre le voci e le parole che in una comunità locale s’inseguono, si alimentano e si moltiplicano. Ma il testo scritto vale di più. Perché dal testo scritto non si sfugge. Le idee si mostrano e si dimostrano, s’incontrano e si confrontano in un luogo di pubblico dominio. 

Da soli non si può far nulla.
La valenza turistica di una città è il prodotto della complessità dei suoi comportamenti. La valenza di una località è il prodotto del modello culturale di orientamento all’azione dei suoi cittadini. Per troppi anni le nostre città sono state frequentate dalla solitudine, da idee singole e singolari che spesso non hanno trovato interlocutori, spesso non sono nemmeno mai state comunicate, stroncate sul nascere da una perfidia o da un sarcasmo. E questi uomini, gli uomini soli che frequentano le nostre strade, armati di idee risolutive o disarmati dalla timidezza delle proprie intuizioni, si sono facilmente trasformati in uomini da azioni perdute. Senza nemmeno saperlo, hanno abbandonato le loro ambizioni, rinunciato alla speranza, demotivati e in preda alla generale inerzia. 
La collaborazione tra Enti locali deputati alla politica turistica, scelta compiuta quasi in ordine metodologico, in primo luogo mira a sviluppare una nuova condizione di habitat. Contro l’inerzia, la nostra prima nemica, la rivale più acerrima e cinica, contro l’inerzia, è necessario tentare di costruire un microclima di generale disponibilità all’azione e relazione. Dobbiamo noi stessi collaborare anche per favorire ulteriori integrazioni tra realtà esistenti e volontà evidenti. Per rompere la generale inerzia dobbiamo creare una sorta di disponibilità autopoietica: disponibilità che produce altra disponibilità. 

Paolo Farnetti, il compianto professore di Scienze Politiche, nella sua opera sui partiti, ha esposto in modo compiuto uno degli elementi principali nella interazione tra sistemi organizzati e criteri di sviluppo. Farnetti sosteneva, in estrema sintesi, che un sistema politico poteva uscire da una fase di crisi, non con una efficiente quotidiana gestione, ma soltanto, direi esclusivamente, con una innovazione. Altrove abbiamo esposto come questo principio si adatti perfettamente alla evoluzione di qualsiasi organizzazione[2]. Anche in questo caso, lo schema interpretativo proposto da Farnetti calza alla perfezione. Per fuoriuscire da una fase di degenerazione protratta, o meglio, per invertire la tendenza dell’andamento economico e sociale di un sistema, del nostro habitat turistico di riferimento, occorre appunto una innovazione. Quella innovazione che finora è assolutamente mancata. 
L’assenza di questa innovazione necessaria ha visto naufragare in vario modo, dal tragico al comico, i tanti aromatici propositi con cui sono profumati i tentativi di presuntuosi buon intenzionati. Il protagonismo di provincia, il gallismo delle città marinare, ha rifiutato costantemente l’idea che uno solo, da solo, non bastasse; che in nessun sistema può ormai esserci più uno, solo, da solo, che determini un evento; che chiunque pensi viceversa è un illuso, un pericoloso egocentrico, o un millantatore demagogico. 
La vera innovazione, nella politica locale, è il salto generazionale, la scelta collettiva di un certo numero di individui e di soggetti di incidere sulla trasformazione del sistema, sulla interazione sociale ed economica di una città, investendo in modo continuativo ed organico sulle proprie speranze. In altri termini, la scelta generazionale come innovazione effettiva, consiste nella volontà di un certo numero di persone di credere in un progetto di sviluppo. Nel bene e nel male è quanto già avvenne, lungo le nostre coste tirreniche, all’epoca dell’urbanizzazione spinta. Dalla ricostruzione postbellica in poi sorsero spontaneamente una serie di imprese di costruzione, più o meno specializzate, indirizzate a soddisfare il bisogno prevalente di edificazione. Si è trattato di una generazione di artigiani che, spesso in modo improvvisato e senza alcuna professionalità, ha individuato un proprio ed appropriato settore economico, ha rischiato e ha investito. In quel periodo è stato scelto il settore economico dell’edilizia perché meglio permetteva di ottimizzare l’investimento e il rischio; cioè quanto fa di una certa generazione di lavoratori volenterosi dei nuovi imprenditori[3]
Appunto un salto generazionale di uomini che, ad un certo punto decisero di produrre una innovazione per uscire dal loro stato precario di sopravvivenza. Altrettanto è avvenuto nelle città di servizi, nelle città postindustriali, dove la scelta per le libere professioni private è una scelta collettiva di uomini che ormai sanno, che hanno definitivamente capito che, per poter agire, bisogna saper interagire. 
Tutto questo non è avvenuto ancora in Italia nel settore turistico. Tanto meno è accaduto da noi, quando il primo istituto scolastico specificamente dedicato al turismo[4] è comparso soltanto nell’anno 1996/97. Solo nel 1995 sono stati effettuati i primi corsi di formazione nelle nuove professioni in un progetto appunto denominato di TURISMATICA[5]
Un salto generazionale, quindi, come innovazione necessaria per fuoriuscire dalla crisi. Ma un salto generazionale nel settore economico prevalente, che influenzi effettivamente il comportamento dei decisori su progetti di sviluppo, piuttosto che sulla apertura o chiusura di questa o quella piazza, sulla illuminazione di questo o di quel marciapiede. La buona volontà però molte volte travolge. E così l’ansia di esprimere questa esigenza agli altri, chiedendo loro di partecipare indipendentemente dagli schieramenti, perché un salto generazionale non si fa con logica di parte, perché non si salta con una gamba sola, ci può travolgere. 
Il fatto di essere giunti al governo della città, può essere un caso e, ancorché anomalo, anche una occasione; non soltanto per pochi, ma per una generazione di dirigenti intera. Spesso è indispensabile costringersi alla “singolar tenzone” del confronto e spesso della provocazione, alla fatica di comunicare, al dialogo sudato e tagliente, alla polemica talvolta strumentale e dolorosa su ogni atto e sulla somma dei singoli elementi che compongono uno scenario. In altri termini, travolti da questo “insolito destino”, gli amministratori di Enti Locali[*1] [6], in questi nostri anni, hanno cercato di costruire il circuito vitale della comunicazione, per “restituire il turismo al suo contesto sociale[7]

Il turismo italiano è sempre stato contestualizzato. 
Contestualizzare significa vendere la vita di una località; significa identificare quel posto come unico, in quel preciso momento; significa fare di uno spazio un luogo. Non si viene in Italia per andare al mare. Si viene in Italia per andare a Roma, a Venezia, a Firenze o a Napoli. Si viene per stare nelle città italiane, maggiori o minori che siano. 
Basta leggere i dati. Il trend turistico negli anni conferma un andamento costante: una riduzione del turismo straniero nelle località di mare contro un incremento accentuato nelle città d’arte più note e nei centri minori, oltre che una crescita esponenziale dell’agriturismo[8].
In ogni successiva stagione emergono due fenomeni contrastanti: "da un lato il turismo balneare è ormai un prodotto maturo dove l’Italia non regge la competizione perché la struttura dei costi non è vincente rispetto ad altri Paesi del Mediterraneo o dei Paesi emergenti. Dall’altra parte è competitivo il turismo delle città d’arte che rappresenta la vera eccellenza del prodotto Italia. Ed è su questo segmento che bisogna puntare[9]
Le ricerche hanno tracciato anche l’identikit del turista medio in Italia: il 40% ha meno di 35 anni e il 43% è formato da famiglie con meno di 4 persone. Il 70% viaggia in auto, il 15% in aereo, il 10% in treno e il 5% in nave. Spende circa 2 mila euro per 10 o 12 giorni di vacanza estiva con la sua famiglia. Il turista medio italiano frequenta luoghi identificati, dove il legame tra le strutture turistiche e il contesto culturale e sociale della città è forte e vincolante. 
Di fronte a un idealtipo così raffigurato, l’obiettivo reale di un marketing turistico adeguato al target, consiste nella offerta di un servizio integrato su un habitat ben definito e circoscritto. Si tratta cioè di vendere, non solo un posto di svago, ma la vita di una località. 
Il Tour Operator di oggi, ovunque operi e specialmente se promuove una qualsiasi cittadina italiana, non vende un oggetto, il prodotto di un meccanismo economico e tecnologico: vende una situazione, il livello di qualità di un determinato habitat in un determinato ambiente. A questo nuovo cliente, non si offre una cosa, ma uno spazio o un luogo di vita. Mentre, molto spesso, si continua a proporre posti letto ancora come se si vendessero dei souvenirs. 
Questo atteggiamento denuncia una certa considerazione nei confronti della città. 
L’economia italiana è stata abbondantemente terziarizzata. 
Sono ormai 20 anni che la conversione da industriale a postindustriale è finita. Solo che la terziarizzazione di un sistema economico non è come un valico di frontiera che, o non si passa mai, o si attraversa in un attimo. La terziarizzazione è un processo che inizia a un certo punto dello sviluppo economico e segue le forme, le metodologie e i tempi dell’evoluzione ambientale. Talvolta non finisce mai. Consiste in una transizione permanente, in uno statu nascendi perpetuo. Talaltra convive in articolate situazioni economiche con forme di produzione tradizionali, agricole e/o industriali. E questo processo costante, fatto di accelerazione e pause, di espansioni e riduzioni, trasporta, trascina, avvolge e coinvolge tutti gli attori protagonisti di un determinato habitat. È in questo senso che il turismo diventa un fatto sociale totale: nel senso che il suo sviluppo comporta una trasformazione generale della vita urbana. 
Invece le nostre città non sono cambiate di molto. 
Assistiamo a scarne polemiche urbanistiche sulla destinazione di alcuni quartieri, sulla riutilizzazione di aree dismesse, sulla riorganizzazione di spazi e di siti, sul ripristino e sul restauro di luoghi antichi. Ma lo schema prevalente di città/macchina/consumo è passato di pari passo dall’industria al terziario, senza alcuna modificazione sostanziale. 
In queste città i servizi presentano sensibili squilibri, sia nella efficacia della prestazione (qualità del servizio), sia nella efficienza del comparto (quantità delle entrate che non tengono il passo con la crescita della spesa).[13]
L’indicatore generale di bilancio denuncia una sostanziosa crescita della autonomia finanziaria raggiunta dai grandi comuni che non si traduce però in spesa per i servizi.  “In sostanza, i grandi comuni non dedicano a questi servizi una quota significativa dei loro bilanci e le differenze da un anno all’altro nel carico tariffario e nel grado di copertura sembrano mostrare un modesto livello dei prezzi dei servizi[14]
Eppure l’interesse c’è. 
Le tecnologie necessarie per migliorare sensibilmente l’offerta di servizi al pubblico già c’è. Manca la volontà politica dei singoli amministratori ed il coraggio di “rompere certi schemi”, di affrontare il rischio di mettersi al servizio della collettività e di dialogare in rete con altre amministrazioni. Manca l’azione politica, soffocata dalla conservazione della burocrazia e dalla preoccupazione dei politici locali. Manca una “autentica rivoluzione culturale” nella organizzazione del servizio pubblico. 
Il tasso di applicazione delle tecnologie è di livello bassissimo.. Come si faccia, partendo da questa situazione, a realizzare un vero e proprio sistema d’informazione integrato all’utenza, fondamentale per il potenziamento e lo sviluppo dei servizi di accoglienza del turista, è incomprensibile. 
C’è una forte resistenza dei politici locali ad occuparsi dei servizi leggeri, fermi nell’illusione alimentata da una certa civilizzazione culturale che gli unici interventi necessari siano quelli cosiddetti strutturali, dove più forti sono le pressioni e più forti i poteri. 
C’è poi una decrescente resistenza sociale, dei cittadini poco propensi a sostenere i costi collettivi, seppur minimi, che una innovazione multimediale della comunicazione comporta. Il servizio telematico è poco visibile, impalpabile, immateriale. Non si mostra, si dimostra. Sembra che i soldi spesi si siano volatilizzati e non si traducono in atti elettorali produttivi. Inoltre, l’utilizzazione dei servizi è estesa a tutti i passanti. Tutti fruiscono delle spese di accoglienza sostenute dai pochi cittadini tassati e spesso tartassati. Anche i turisti, che vengono così automaticamente assimilati a generici forestieri; e tutti, senza distinzione, sono considerati ospiti dai cittadini dei comuni, da coloro che sostengono l’intero peso della pressione tributaria, il cosiddetto carico fiscale. “Torna d’attualità il problema di individuare modi e forme per chiamare gli utilizzatori della città (e non solo praticamente i proprietari, o gli occupanti, di immobili e/o di spazi pubblici) a concorrere alle spese di mantenimento dei servizi.[18]
In ogni caso, per quanto ampia sia la difficoltà a trarre univoche letture dalla “dura logica dei numeri”, risulta evidente almeno che la struttura stessa della spesa mostra una tradizionale articolazione, trascura gli investimenti finalizzati ai progetti, tralascia ogni politica di sviluppo e di modernizzazione dei sistemi urbani complessi contemporanei. Con questi bilanci è chiaro cioè che gli amministratori delle metropoli italiane non si pongono ancora il problema di indirizzare la spesa versa una concezione di città. Soffocati dall’asfissiante esigenza di far quadrare le cifre, non dedicano molto tempo a chiedersi quale sarà la città prossima ventura, che vita avremo nel nuovo millennio. Sembra che gli amministratori italiani subiscano la scissione tra la speranza di costruire infrastrutture per accogliere il cittadino e il fallimento delle loro ambizioni, perdute nel traffico, nel disordine edilizio, nei trasporti pubblici e nell’inquinamento. 
Trovare il punto di equilibrio è sempre più difficile. Forse la differenza passa nella nuova concezione dell’azione pubblica. L’azione dei decisori pubblici, dei progettisti, della Pubblica Amministrazione, dei tecnici comunali e delle aziende municipalizzate si sta notevolmente trasformando. Per reggere i frenetici ritmi della modernizzazione tecnica e tecnologica e le mutevoli esigenze necessarie a qualificare la vita nell’habitat urbano, il soggetto pubblico passa dall’essere attore quasi monopolistico del sistema di erogazione dei servizi al cittadino, all’essere un coordinatore o un programmatore degli interventi promossi da altri attori sociali. La sua professionalità si esercita, piuttosto che nell’imporre soluzioni, nel gestire le azioni innovative e nell’indirizzare l’irrefrenabile movimento dei sistemi aperti. 
Questa interpretazione dello sviluppo e della evoluzione delle città, fa la differenza tra i vari approcci tecnici, sociologici o scientifici al fenomeno turistico. 
Il fattore di successo nella promozione e nella programmazione dell’accoglienza nelle città terziarizzate diventa allora, principalmente, per non dire esclusivamente, la storicità e la socialità dei luoghi. I percorsi automatici non ci sono più. “Lo Sguardo del Turista[22] è attratto dall’autenticità. Egli sceglie la facile e disponibile diversità. Nulla è più certo. L’era della globalizzazione dei mercati ha destabilizzato il modello turistico tradizionale di riferimento. 
Restituire il turismo al suo contesto sociale” significa ripristinare i vincoli di accoglienza e di assistenza di una località; significa ritrovare quelle forme di interazione che fanno, della presenza in città, una esperienza; significa investire sulla unicità della nostra offerta. E significa assumere una serie successiva di decisioni affinché una città divenga, piuttosto che macchina/consumo, habitat/fruizione. 
Una politica promozionale centralizzata produce omologazione, riconduce la comunicazione promozionale a codici iconici standard, naufraghi nell’indistinto oceano delle parole e delle immagini, tritate dal ritmo incessante della “Megamacchina[24]. Messaggi erratici, mandati soli, in giro per la “Semiosfera[25], senza tracce, con un alto tasso di inflazione espressiva, con un basso grado di significanza, privi di connotazione perché appunto privati della storicità e della socialità dei luoghi. Il passaggio da un modello all’altro di città, dal consumo alla fruizione, dalla valenza alla prevalenza, è oggi il prodotto diretto della multimedialità. 

La multimedialità  non è una tecnologia. C’è una gran confusione, dovuta ad una impropria interpretazione della Cibernetica. Le tecnologie informatiche sono strumenti che accelerano ed ottimizzano le nostre procedure. Un computer è semplicemente un mezzo. L’attuale comunicazione multimediale è un fine, un ambiente, uno spazio di vita, con tutti i pregi e tutti i difetti che la complessità dell’esistenza quotidiana comporta. Internet è una rete, che individua un proprio, autonomo spazio di interattività, destrutturando i riferimenti spazio/temporali della comunicazione tradizionale. Per questo motivo un albergatore, un agente di viaggio o un tour operator in internet non è più lo stesso. 
Una città, e a maggior ragione una piccola città di provincia, che vive nella moderna multimedialità subisce una generale trasformazione, una sorta di estensione immateriale del suo spazio relazionale; si colloca all’interno di un sistema comunicativo globale, dentro i linguaggi iconici della rete. Il volume complessivo degli scambi traccia il confine virtuale della nostra città, circoscrive lo spazio in cui gli utenti interagiscono, appunto lo spazio di interattività della comunicazione. 
Vivere in un ambiente multimediale, per una città significa superare il limite della sua fisicità e quindi disporre, nel suo piccolo territorio, dell’universo intero delle relazioni, il patrimonio della conoscenza internazionale, l’intero background di chance e culture, informazioni e conoscenze, possibilità, opportunità, vincoli e rischi del villaggio globale. 
Il problema promozionale di una città turistica è, allora, dare significato agli scambi comunicativi che riesce ad attivare. Il valore del messaggio che trasmette è inversamente proporzionale alla omologazione dei suoi contenuti. Si tratta cioè di dare una forma alle “ragnatele di rapporti intrigati[26] di cui si compone un network. La forma che si trasmette dentro questi impercettibili fili di comunicazione è, in gran parte, essa stessa non intenzionale; è la risultante di un certo modo di essere. 
Le città multimediali sono nuove città, e “di regola le città nuove sorgono per via IRRIFLESSA, vale a dire col semplice manifestarsi di interessi individuali, che da sé, cioè senza una precisa intenzione, conduce a un risultato utile all’interesse generale”. I cittadini si trasmettono stili di vita e costruiscono segmenti di socialità autonoma dove crescono nuovi bisogni, finché fra i vari gruppi di pari non sorge gradualmente una organizzazione “senza di cui non si potrebbe immaginare una normale esistenza”, e che “non è affatto il risultato di una volontà comune, diretta alla sua costituzione[27]. La comunicazione multimediale, così come è oggi, non è stata inventata da nessuno. È un ordine spontaneo, come l’occhio, come il sistema nervoso, come il cervello. La nuova città multimediale è un vero e proprio Cosmos Comunicativo formatosi per via spontanea. La città multimediale, come ogni linguaggio, come ogni rete, è un esito privo di alcun progetto, il risultato inintenzionale di azioni initenzionali. 

Per questo banale motivo ogni singola operazione artificiale di promozione turistica diventa artificiosa e singolare. Nessun atto svogliato di trasmissione d’informazioni generiche sulle bellezze al bagno in città effettivamente si riesce ad incidere sul destinatario della relazione comunicativa. La scienza della comunicazione ci ha ormai insegnato che bisogna sostituire alle azioni promozionali le relazione comunicative. Infatti, affinché si determini una trasmissione di significati tra fonte e destinatario è necessario che entrambi percepiscano il contesto culturale di riferimento e s’incontrino, sebbene in modo virtuale, in un luogo di reciproco scambio. Si tratta sempre, dunque, di una relazione personalizzata. Un trasmittente, per garantirsi una efficace percezione, deve inviare il suo messaggio, appositamente costruito, ad un destinatario specifico e selezionato, ad un target individualizzato. La regola della comunicazione personalizzata è l’essenza della promozione turistica di una località. 

Inoltre, la città multimediale deve garantire una certa congruenza tra i contenuti dei suoi messaggi e la sua condizione sociale. In ogni politica promozionale che si rispetti bisogna ormai evitare il messaggio funambolico, che determina una relazione comunicativa artefatta. Alla immagine di sé che una città trasmette, deve corrispondere una situazione di vita reale. Risulterà allora automatico che i soggetti maggiormente attivi nel sistema turistico locale perseguano sistematicamente una strategia comunicativa comune. 

Nei limiti delle condizioni strutturali e della carenza di risorse, abbiamo tentato questa strada 2 volte: 
  1. il progetto TURISMATICA, cioè un sistema di servizio turistico in ambiente telematico che parte da una attività di formazione per  professionalità nuove sul marketing turistico in Internet e sulla progettazione di un sito promozionale telematico, ; 
  2. la definizione del PIANO TURISTICO CITTADINO, termine improprio ma utile al fine di definire uno strumento in grado di rendere organici gli interventi sul territorio pubblici e privati, troppo spesso preda di protagonismo; uno strumento troppo nuovo, talvolta anche equivoco, ma utile, che richiede un investimento di volontà e di lavoro di cui i futuri amministratori valuteranno l'opportunità. . ; . 


 ooo/ooo

[1] DI LASCIA Maria Teresa, PASSAGGIO IN OMBRA, Feltrinelli, Milano 1995 
[2] Si veda: 
[3] Vorrei precisare: non sto esprimendo un giudizio di valore o di merito. So bene che la eccessiva edificazione ha distrutto la nostra costa e distrutto il nostro turismo. Di fatto, oggi, il 71% del litorale italiano è urbanizzato (il 58% in maniera intensiva). In pratica vuol dire che, in media, camminando per un intero chilometro, solo 300 metri sono liberi da case, alberghi, costruzione di vario tipo (tra l’altro quasi la metà di tutte le nuove abitazioni costruite al Sud tra il 1985 e il 1994 è abusiva). Sto dicendo semplicemente che quella generazione ha agito in modo innovativo, manageriale, sulla base di un progetto finalizzato, sebbene incurante del degrado prodotto. Sto sostenendo che oggi noi avremmo bisogno di una azione metodologica identica, innovativa e manageriale, sebbene attenta alla qualificazione urbana. 
[4] L’Istituto Tecnico per il Commercio che dal 1997 è diventato Istituto Tecnico per il Commercio e per il Turismo. La cosa è paradossale se si pensa che Terracina è la maggiore città costiera della Prov. Di Latina. 
[5] In Allegato. 
[6] Comune di Terracina e l’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo 
[7] SAVELLI Asterio, SOCIOLOGIA DEL TURISMO, Franco Angeli, Milano 1996,pag. 18 
[8] Il Sole 24 Ore”, martedì 19 Agosto 1997 
[9] PERES Armando, Direttore Generale del Touring Club Italiano, in “Il Sole 24 Ore”, martedì 19 Agosto 1997, pag.11, “TURISMO, ESTATE DI AUSTERITY”. 
[10] Incidenza percentuale delle entrate tributarie ed extratributarie sul totale delle entrate ordinarie di parte corrente. 
[11] Valore in lire del gettito dei soli tributi per ogni abitante 
[12] valore in lire dei contributi erariali di parte corrente per abitante. 
[13]L’interpretazione possibile di questi dati è dunque una sola: da un lato al crescere della pressione fiscale autonoma non corrisponde una adeguata crescita dei livelli tariffari dei servizi; dall’altro lato i costi (specie quelli del personale, che non sono controllati o decisi dai Comuni) lievitano, mentre l’intervento dello Stato con i trasferimenti ha mostrato nel biennio una dinamica scarsamente perequativa con incrementi e flessioni ugualmente distribuite sul territorio.” MASSARO Marino, LE GRANDI CITTA’ “SVENDONO” I SERVIZI, Il Sole 24 Ore, Lunedì 10 novembre 1997. 
[14] MASSARO Marino, LE GRANDI CITTA’ “SVENDONO” I SERVIZI, Il Sole 24 Ore, Lunedì 10 novembre 1997. 
[15] La manifestazione è organizzata dall’Ente Autonomo Fiera di Roma e dall’Istituto Mides con la collaborazione (per la sezione Enti Locali) del Gruppo Maggioli e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento della Funzione Pubblica, e dall’Autorità per l’informatica. 
[16]Il ministero delle Finanze, ad esempio, ha assistito 3.500 contribuenti nella compilazione del 740, mentre gli accessi ai vari servizi telematici sono stati oltre 12mila. Diverse migliaia sono state anche le consulenze e le informazioni erogate negli stand dell’INPS, dell’INPDAP e della Ragioneria Generale dello Stato.” CAROBENE Benito, FORUM PA: LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DEL CITTADINO, Il SOLE-24 ORE, venerdì 16 maggio 1997. 
[17] Le Regioni con la maggior diffusione sono: Lombardia (14,54%), Piemonte – Valle d’Aosta (14,04%), Toscana (9,49%), Sicilia (7,8%), Veneto (7,69%), Lazio (7,58%). 
[18] BERTOLI Roberto, UN CONTO PER TURISTI E PENDOLARI, Il Sole 24 Ore, Lunedì 10 novembre 1997. 
[19] Incidenza percentuale delle entrate totali relative ai servizi sulle spese totali. 
[20] Incidenza percentuale delle spese totali relative ai servizi sul totale delle entrate ordinarie di parte corrente. 
[21] Entrate totali dei servizi diviso il numero di abitanti 
[22] URRY John, LO SGUARDO DEL TURISTA, Seam Edizioni, Roma, giugno 1995. 
[23] come prevalentemente è accaduto nell’ordinamento del turismo regionale italiano. 
[24] LATOUSCHE Serge, LA MEGAMACCHINA, Bollati Boringhieri, Torino 1995. 
[25] DE CARLI Lorenzo, INTERNET, memoria e oblio, Bollati Boringhieri, Torino 1997, pag.36. 
[26] CALVINO Italo, LE CITTA’ INVISIBILI, 
[27] Menger Carl, IL METODO DELLA SCIENZA ECONOMICA, UTET, Torino \937. 
[28] come attestano gli atti de Convegno Nazionale sui siti di Qualità in Internet, svoltosi al Centro Nazionale di Cinematografia, Roma. Nell’ambito della attività Convegnistica indicata, al progetto TURISMATICA è stata attribuita una giornata intera di studio e confronto. La responsabilità scientifica della giornata è stata attribuita alla A.A.S.T. di Terracina, e credo sia la prima volta che un Ente locale così piccolo si veda attribuita una responsabilità così grande, in qualità appunto di Ente Pubblico all’interno di una attività scientifica. 
[29] In allegato. 

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