PER NON RITIRARSI DALLA DEMOCRAZIA



Per le edizioni Castelvecchio è stato ultimamente (gennaio 2019) pubblicato un piccolo libro (Democrazia o Capitalismo?), che consite nella traduzione di un vecchio (2013) saggio di Jürgen Habermas, uscito presso la rivista mensile “Blätter für deutsche und internazionale Politik”. 

Il testo rappresenta l’alter ego rispetto a un noto libro, presupposto del contemporaneo sovranismo, di Wolgang Streeck[1], in cui sostanzialmente si auspica la solita fuoriuscita dall’Euro e il ripristino della sovranità degli Stati Nazionali. 

La differenza di fondo, su cui si scontrano le posizioni reciproche, è che, mentre Streeck considera la crisi che stiamo vivendo una caduta strutturale delle istituzioni democratiche e specificamente quelle della democrazia capitalistica o liberale, per Habermas “quella con cui ci troviamo a che fare oggi, però, non è (ancora?) una crisi di legittimazione bensì una crisi economica a tutti gli effetti[2]

Ne consegue tutta una serie di considerazioni logiche e coerenti, in gran parte condivise con Streeck, che portano tuttavia a conclusioni opposte. 

Habermas accusa Streeck di sottovalutare “l’effetto leva, non solo delle norme costituzionali vigenti sul piano del diritto, ma anche del complesso democratico di fatto esistente: l’argine costituito da istituzioni, regole e pratiche sedimentate in diverse culture politiche a esse connaturate[3]. Lo accusa di volersi sorprendentemente ritirare, “di smantellare, non di costruire”, di voler tornare “alle barricate degli Stati-nazione degli anni Sessanta e Settanta”, di una nostalgica “chiusura nella sovrantà di una nazione ormai impotente[4], in definitiva di volersi nascondere “dietro la linea Maginot della sovranità nazionale[5]

Quando piuttosto, sostiene Habermas, è alla democrazia europea che bisogna rivolgersi per realizzare “l’arduo compito di ricondurre mercati definitivamente globali nella portata di una indiretta, ma mirata, azione politica”; perché “soltanto il quadro istituzionale di una comune politica fiscale, economica e sociale a livello europeo può fornire i presupposti necessari per risolvere gli errori strutturali di un’unione monetaria disfunzionale. Solo un comune sforzo europeo – e non l’astratta pretesa di poter migliorare con le proprie forze la competitività nazionale – può avviare un processo di rimodernamento di strutture economiche ormai superate e sistemi amministrativi clientelari[6]. Per ottenere questo indispensabile risultato, occorrono “le pressioni di una volontà viva scaturita da una società civile mobilitata a livello internazionale”, giacché “l’autoproclamatosi esecutivo di Bruxelles non avrà mai la forza o l’interesse di regolamentare i mercati, sempre più selvaggi, in direzione di una maggiore giustizia sociale[7]

Ora, non è affatto necessario dover solidarizzare con uno poiché non si è d’accordo con l’altro. 

Io, ad esempio, che credo fermamente alle conclusioni di Habermas, non sono per niente d’accordo con i suoi presupposti. Anzi, credo che sia indispensabile impegnarsi a definire i nuovi principi e le nuove dimensioni di una democrazia europea, proprio perché siamo in una profondissima crisi di legittimazione. Credo che gli istituti e le istituzioni della democrazia liberal democratica vadano riformulate secondo 3 criteri interpretativi fondamentali: 

  1. Il primo riguarda la grande transizione a cui stiamo partecipando. Nella sua storia, l’umanità ha vissuto solo quattro enormi mutazioni: l’ontopower, il potere della sopravvivenza, l’epoca delle comunità, che è consistito nella conquista della posizione retta e nella acquisizione della logica endofasia; l’egopower, il potere che si autorappresenta nelle organizzazioni gerarchiche, l’epoca delle società, che è consistito nella acquisizione della logica formale; il biopower, il potere del controllo della vita, l’epoca dei sistemi, quella che abbiamo vissuto, con l’acquisizione della logica computazionale dei computer; l’epipower, il potere eccedente della conoscenza, l’epoca dei network, quella che stiamo vivendo, con l’acquisizione della logica quantistica[8]. Senza questo schema di riferimento non si capisce la transizione e la inevitabile (e inesorabile) crisi di legittimazione che comporta, proprio ora che la stiamo vivendo con l’avvento della società della comunicazione. 
  2. Nell’epoca dei network, per governare i processi economici e sociali, bisogna agire politicamente su 3 fattori morfologici: i soldi, cioè il sistema fiscale che dovrebbe essere semplice, comprensibile e comune a tutto il continente europeo (come già è in USA, Russia e Cina); le persone, cioè il meccanismo elettorale di selezione del ceto politico, che dovrebbe essere semplice, comprensibile e comune a tutto il continente europeo (come già è in USA, Russia e Cina); le idee, nella forma della comunicazione, cioè l’infinito fluire delle informazioni e della conoscenza, dalle regole televisive a quelle dei social, dal libro alla multimedialità, dalla ricerca alla creatività artistica, le cui regole di apertura e sostegno dovrebbero essere semplici, comprensibili e comuni a tutto il continente europeo (come già è in USA, Russia e Cina). 
  3.  La reciproca coniugazione, la congiunzione, direi, la simbiosi tra governo e governance, tramite istituti governamentali (la casa, la famiglia, la scuola, gli ospedali, il sindacato, il partito…), la cui scissione è il presupposto di enormi catastrofi, nel cui vuoto che quella scissione produce nascono le organizzazioni criminali, i terrorismi, le guerre, ma anche le crisi economiche e finanziarie che stanno sbaragliando la nostra vita. Negli USA, in Russia e in Cina spesso assistiamo ad un governo senza governante, che produce proteste sociali e disaffezione istituzionale, cioè delegittimazione. In Europa abbiamo invece una governante senza governo, migliore certo (perché ad esempio ci ha permesso di espandere a dismisura la forza irreversibile della Euro-Zone, quasi raddoppiando in breve tempo e senza colpo ferire il territorio di sua competenza e la sua popolazione), tuttavia incapace di tradursi in decisioni politiche collettive, senza istituzioni effettivamente rappresentative, senza la forza del potere e con altrettante proteste sociali e disaffezione, cioè altrettanta delegittimazione[9]
È evidente allora che si può credere ad una crisi di legittimità democratica senza necessariamente voler abbandonare la democrazia. 
Dal mio punto di vista, Streeck e Habermas fanno la stessa cosa: tornano entrambi al vecchio Stato Liberale. 
L’uno reclama lo Stato nazionale. 
L’altro propone l’internazionalizzazione dello Stato. 
Nessuno dei due parla di mutazioni, fattori morfologici e simbiosi socio-politiche. 
Siamo sempre dentro la filosofia politica dell’ottocento che, alla democrazia della comunicazione, se non come riferimento culturale e scientifico, non serve più, come pragmatica applicativa dell’agire politico. 

Che fare? 

Come cominciare? 

Diceva Sofsky “ciò che è socialmente rilevante non è fissato da contratti o da accordi, ma da presupposti cognitivi[10]

Cominciamo da cose semplici, da una piccola proposta di congiunzione tra governo e governance. 

Una scuola europea non c’è. Ci sono scuole nazionali riconosciute in Europa, ma programmi didattici comuni di istituti universitari e scolastici europei, non ci sono. Gli italiani non studiano le stesse cose dei francesi, dei tedeschi , dei polacchi, dei greci o degli spagnoli. Più o meno si. Certo. Vale per tutto il mondo. In Europa però un programma didattico scolastico e universitario comune non c’è. 

Vi sembra una piccola cosa? 

Cominciamo da qui, dai presupposti cognitivi, cominciamo dalla coscienza, cominciamo dalle idee per fare in modo, che almeno in questo, i nostri figli abbiano davvero chance di partenza comuni. 

Vi sembra davvero poco? 

Almeno è un modo per non ritirarsi dalla democrazia. 

ooo/ooo


[1] STREECK Wolfgang, Tempo guadagnato: la crisi rinviata del capitalismo democratico, Feltrinelli, Milano 2013. 
[2] HABERMAS Jürgen, Democrazia o capitalismo?, Castevecchio, Roma 2019, pag. 20 
[3] HABERMAS J., cit. 2019, pag.30 
[4]HABERMAS J., cit. 2019, pag. 25 
[5] HABERMAS J., cit. 2019, pag. 27 
[6] HABERMAS J., cit. 2019, pag. 31 
[7] HABERMAS J., cit. 2019, pag. 27 
[8] CECI Alessandro, Cosmogonie del potere, Ibiskos, Empoli 2011 
[9] CALVI Maurizio, CECI Alessandro, CECI Elvio, Stateless, piattaforme continentali di nazionalità, Ibiskos, Empoli 2017 
[10] SOFSKY Wolfgang, Rischio e Sicurezza, Einaudi, Torino 2005, pag. 50

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