GENEALOGIA DEMOCRATICA: 11 - la democrazia ridefinita



Prima di descrivere ed analizzare la riemersione graduale della democrazia dal buio della notte, c’è un tema che dobbiamo trattare per cercare di risolvere un problema strutturale. Il problema del significato del termine.
Per democrazia si intende governo del popolo (demos)?
Davvero?
Sicuro?
O democrazia è, più precisamente ed assai diversamente, il governo dei demi, cioè quelle unità istituzionali di base riconosciute dalla riforma di Clistene?

La questione sembra oziosa ma non lo è affatto.

Come abbiamo visto Clistene divise l’intera Attica, cioè Atene e il suo hinterland in demi che sostituirono definitivamente le fratrie, cioè i gruppi familiari oligarchici. I demi erano in un primo momento 139. Poi passarono gradualmente a 174 (III secolo a.C.). Nel momento del massimo splendore dell’Atene democratica i demi erano 150 e la nomina dei rappresentanti era perfettamente matematicamente suddivisa, sulla base della tavola piatagorica, in riferimento al numero 3 ed al numero 5 (150 ­­­­demi­­­­­, per 30 tritie, che eleggevano 50 membri della bulè e 10 strateghi). I demi eleggevano i rappresentanti della bulè, cioè dell’Assemblea, diciamo così, parlamentare greca. Anche successivamente, quando i demi diventarono 174, ma i rappresentanti erano nominati sempre in perfetta matematica proporzione alla dimensione dei demi.
Il demo, a cui si iscrivevano coloro che diventavano maggiorenni, trasformava il popolo in cittadini; e, una volta iscritto ad un demo, il popolo diventato cittadino, non si poteva più distaccare, anche se decideva di andare a vivere in un altro posto. Il demo era governato da un demarco che aveva compiti essenzialmente economici rispetto al territorio di riferimento.
La crazia dei demi, ci fa capire moltissimo sul principio di rappresentanza. 
Erano i demi, cioè gli organi politici dei cittadini e non il popolo che formavano tutti gli organi politici della organizzazione politica di Atene e della democrazia. Infatti, come è evidenti, i demi, i distretti amministrativi, non sono assolutamente corrispondenti al demos, al popolo.

Paradossalmente, se la democrazia fosse il governo del popolo, (demos) e non il governo delle unità istituzionali amministrative di base (demi), sarebbe, come sostiene brillantemente Carlo Galli, sarebbe il governo di una parte e non del tutto. Infatti, il popolo “proprio mentre si proclama Tutto, è ancora «parte», perché combatte come nemico chi non vuole riconoscere la sua pregnante Totalità, e quindi rilutta a farsi rappresentare come universale astratto e pienamente giustificato”[1]. È una scena che vediamo spesso quando un Ministro neo eletto, nemmeno con la maggioranza elettorale, proclama che lui è la espressione della volontà del popolo.
Invece il governo dei demi si struttura esclusivamente sul principio di rappresentanza: ed è proprio “attraverso la rappresentanza che il popolo cessa di essere «parte»; infatti, attraverso quell potere riconosciuto da tutti, in regime di uguaglianza, che è il legislative – l’istituzione che rappresenta il popolo sovrano -, il popolo si trasforma in universale”[2]. Diventa universale in quanto diventa cittadino.
In ogni caso, il governo del popolo, cioè del demos, è comunque un governo soggettivo. Il governo dei demi invece è una forma oggettiva di organizzazione politica e sociale.
Pertanto è tramite i demi che si realizza la democrazia, perchè i demi sono le istituzioni di base che generano e trasmettono rappresentanza politica. Tramite i demi, come abbiamo visto, il demos diventa cittadinanza: E la cittadinanza è la universalità del corpo elettorale che determina l’avvento della democrazia. 

Ciò che non condivido della penetrante analisi e delle fondate considerazioni di Carlo Galli è che questa transizione raffiguri esclusivamente il passaggio della democrazia dagli antichi a quella dei moderni. 
Non è così.
Questi concetti erano radicati nella riforma di Clistene in modo molto evidente. 
È chiaro allora che è più corretto, dal mio punto di vista, tradurre il termine democrazia non tanto in governo del popolo (demos), ma principalmente nel governo delle comunità (demi). Addirittura, tecnicamente il popolo in una democrazia non esiste. Esiste la cittadinanza. Anche nella Atene di Pericle, infatti, coloro che non erano nati da padre e madre ateniesi non contribuivano alla democrazia. Erano popolo senza essere cittadini come gli immigrati di oggi. Si diventa cittadini soltanto quando, nei demi, il popolo che poteva assumeva il diritto di rappresentanza. La rappresentanza dei demi rende oggettiva la democrazia che, quando è governo del popolo, è ancora soggettivo, ancora parte.

In conclusione, allora, la democrazia è stata affossata con il passaggio dal logos tripolitikos al logos monopolitickos e riemerge ritornando a se stessa, ma non al governo del popolo, come banalmente si crede, ma al governo dei cittadini tramite le istituzioni di base, i demi, e, dunque, al principio di rappresentanza che è la sua connotazione e al principio della sovranità politica, che ne consegue. 
Da sempre.
Affermo infine che, come vedremo, la democrazia moderna rappresentativa da sempre ri-emerge dal principio di sovranità che istituirà appunto lo Stato moderno.
Appunto, vedremo. 


ooo/ooo

[1] Galli Carlo, Il disagio della democrazia, Einaudi, Torino 2011, pag. 23
[2] Galli C., cit. 2011, pag. 24

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