TERRACINEIDE - introduzione
C’è tanta storia scritta e descritta
della nostra città. Una storia di documenti e di eventi. Non c’è una storia di
avvenimenti, una storia che analizzi l’avvento. Non c’è una storia politica
della città di Terracina che spieghi la coerenza dei comportamenti rispetto ai
fatti vissuti e viventi. Ci sono troppi
miti e d’altronde troppe mitizzazioni che non fanno storia, ma leggenda. C’è un
vuoto cognitivo tra ciò che siamo stati e la coerenza di ciò che siamo oggi. Nei
tanti testi e trattati che riguardano la nostra città, non c’è insomma una
storia che indichi la coerenza tra i fatti chi hanno connotato e gli atti che
compiamo. Non c’è, a Terracina, una storia che faccia la storia.
I romani erano consapevoli di questo
vuoto, effettivo anche per la loro presenza nel mondo. Senza una storia passata
in grado di giustificare la storia futura si sentivano minus habens, minorati, deficitari. Dettero allora a Virgilio il
compito di riempire quel vuoto con una narrazione, con una narrazione politica:
in grado, cioè, di costruire una storia finalizzata a giustificare la storia
che ancora doveva essere costruita. È proprio il caso di dire, come fece Hannah
Arendt, che il futuro ci manda indietro mentre il passato ci spinge avanti. I
romani cercarono, tramite Virgilio, di dare una legittimità identitaria alle
loro azioni (e alle loro decisioni) politiche.
Virgilio scrisse allora le Eneide in
cui, per non ridurre la potenza di Roma ad una derivazione di Atene, la
ricondusse alla vendetta di Troia (che non c’era più) affidando ad Enea la spada,
il pesante simbolo di una tradizione di forza e abilità. Fece approdare Enea,
con la spada nel fodero e il padre Anchise sulle spalle, sulle coste di Anzio. Lo
fece sposare, in seconde nozze, con Lāuīnĭa
(Lavinia), la principessa, vissuta nel XII secolo a.C., nata da Latino e da Amata, rispettivamente re e regina di quei territori italici. Da
Lavinia ed Enea nacque un figlio, Silvio,
primo re dei Latini, capo di una stirpe di altri re che proseguirono la storia
governando gli anni successive che condussero fino al 753 a.C., anno della
fondazione di Roma e della leggenda di Romolo e Remo. Con Lavinia ed Enea,
Virgilio coprì quel vuoto cognitivo che produce legittimità politica di natura
identitaria. In altri termini giustificò politicamente il potere e la forza di
espansione di Roma, la sua produzione storica quotidiana piuttosto che soltanto
la storia vissuta.
Meno meritevoli del vate dantesco,
possiamo tuttavia anche noi (possibilmente insieme) scrivere una specie di Terracineide, per una piccola città che non ha certo l’ambizione di paragonarsi
ad un impero. Una storia di eventi che giustifichino o contestino i nostri avvenimenti
e, più di tutto, i nostri comportamenti. Una storia che spieghi la storia che
facciamo in continuità o in alternativa con la storia che abbiamo già fatto.
Forse, una storia della città che fa la sua storia, può esserci utile, non solo
per valutare la coerenza delle politiche scelte, ma anche per riorientare le
tante narrazioni da osteria che ubriacano i nostri cittadini mitizzando la
forza e l’eroismo di briganti e che invece spesso deridono la nobiltà di tanti terracinesi:
prìncipi minori per casata, certo, ma altrettanto maggiori per la loro disposizione
di animo.
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