IL COMPROMESSO GLOBAL-DEMOCRATICO
“Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto
quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico
ma politico”.
Norberto Bobbio[1]
Donatella Della Porta ci ricorda che la
democrazia, tra i tanti suoi caratteri, ha quello di essere un sistema politico
in trasformazione. Sarebbe allora più preciso parlare, anziché di sistema
democratico, di processo di democratizzazione. Nele ciclo di vita della democrazia
noi avremmo dunque una “prima”, una “seconda”, una “terza”, una “quarta” e
forse una “quinta” fase di democratizzazione. In altri termini la democrazia è
un work in progress permanente verso
una sempre maggiore acquisizione dei diritti. “La democrazia nasce, cresce, si ravviva, con le rivoluzione della fine
del Settecento e dell’Ottocento, grazie all’attribuzione ai cittadini di diritti
civili. Il primo diritto è quello di firmare contratti. Poi però da questo
nascono altre spinte e altri diritti si affermano.”[2].
Simbolicamente allora possiamo immaginare che la
rivoluzione americana è stata una prima democratizzazione finalizzata alla
estensione di diritti di civili. La rivoluzione francese la seconda relativa ai
diritti politici[3]. La
complessiva rivoluzione industriale (tra cui Raimond Aron[4]
annovera correttamente anche la nefasta rivoluzione comunista russa) consiste
in una terza democratizzazione che ha introdotto diritti economici con il noto
compromesso socialdemocratico[5].
Sulla base delle lezioni di Norberto Bobbio[6]
possiamo attribuire alla rivoluzione culturale del ’68, la connotazione di
quarta democratizzazione per la introduzione dei diritti sociali.
Possiamo anche considerare il fenomeno della
immigrazione come l’espressione, il sintomo, di una quinta democratizzazione
finalizzata ad introdurre nuovi diritti multietnici della globalizzazione? Si
tratta di un nuovo scossone, di una nuova rivoluzione, finalizzata ad estendere
il processo di democratizzazione con la introduzione di nuovi diritti di
cittadinanza?
Se questo è il paradigma, se questo è lo schema
logico-interpretativo, credo proprio di si.
Siamo di fronte ad una spinta verso una quinta
democratizzazione, con la introduzione del diritto alla vita nell’ambito
dell’irrefrenabile processo di globalizzazione.
Mio figlio mi ha consigliato e letto una profezia
pasoliniana di circa 50 anni fa. In quel testo poetico, Pasolini[7],
nel 1965, descriveva le persone, le condizioni sociali, la natura delle
relazioni che si sarebbero instaurate, dove sarebbero sbarcati, che percorso
europeo avrebbero compiuto, dove si sarebbero successivamente stabiliti. Una
descrizione veramente impressionante per la sua precisione. Un fenomeno così
profondo e dirompente, che trasferisce 5 milioni di storia nella nostra breve
storia di 3 mila anni, non può essere frenato dalle urla manzoniane di un
qualsiasi ministro. Un fenomeno in cui tanti uomini, per ottenere, più per i
propri figli che per se stessi, un diritto di sopravvivenza, cedono
coscientemente ai traffici criminali e rischiano una morte probabile in mare,
non può essere fermato dalla propaganda elettorale o da un pregiudizio
personale. Può occasionalmente essere rallentato, con il rischio concreto che
questo stupido ostruzionismo non alzi il tasso entropico generale e produca un
caos conflittuale molto superiore a quello che stiamo vivendo. Ogni pugno duro
della storia, alla fine, è finito sempre in testa a chi lo ha sbattuto. I
muscoli servono in palestra o a qualche concorso di culturismo. In politica ci
vuole l’intelligenza. Almeno una intelligenza così semplice da capire che un
fenomeno di così ampie proporzioni non si può ostacolare. Lo si può solo
governare.
Purtroppo questa saggezza, non solo in Italia,
anche in Europa, del tutto, ancora non c’è. Si alzano mura di carta e si
stordisce l’audience con ridicole grida di paura che producono solo illusioni
senza soluzioni.
Verrà il giorno, e non è lontano, in cui capiremo
che non è con le armi, le barriere, le chiusure e gli abbandoni che risolveremo
i problemi della globalizzazione, ma con una quinta democratizzazione, con la
introduzione di nuovi diritti, di qua e di la del mediterraneo, nuovi diritti
collegati, non ai doveri, ma ai bisogni. Il bisogno è l’altra faccia del
diritto. Il dovere è soltanto la sua conseguenza. Occorre un “compromesso global-democratico”, di
questo abbiamo urgenza, di un compromesso politico da rispettare e far
rispettare che riconosca a tutti, ovunque, in
primis il diritto alla propria sopravvivenza, poi il diritto alla
soddisfazione dei propri bisogni.
Tra i tanti paradossi che stiamo vivendo c’è
quello per cui, nell’anno in cui il mediterraneo continua, nella
giustificazione de-responsabilizzata dei governi, ad assassinare persone, noi
viviamo nell’anno dedicato ai diritti umani.
Proprio in questo anno, proprio per risolvere i
problemi sociali globali che altrimenti ci travolgeranno, noi abbiamo bisogno di una nuova
democratizzazione; della introduzione di nuovi diritti, non più solo legati ai
doveri, ma legati principalmente ai bisogni, secondo la nota accezione
cristiana che chi ha più bisogno ha più diritto.
[1] Bobbio Norberto, L’età dei Diritti, Einaudi, Torino 1990,
pag. 16
[2] Della Porta Donatella, Può la democrazia essere salvata?, in
Mannari Enrico (a cura di), Lezioni sulla
democrazia, Bruno Mondadori, Milano 2016, pag. 120
[3] Più precisamente “La rivoluzione francese non ha portato una
democrazia, almeno non nell’immediato, anzi…però ha portato l’attribuzione di
diritti ai cittadini” Della Porta Donatella, cit., 2016, pag. 120
[4] Aron Raimond, La Società Industriale, Edizioni
Comunità, Milano 1986
[5] Bergounioux Alain e Manin
Bernard, La Sociademocrazia o il Compromesso,
Armando Editore, Roma 1981. Vedi anche: Pellicani Luciano, L’Illusione Rivoluzionaria e il Compromesso
Socialdemocratico, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1985
[6] Bobbio N., cit 1990
[7] Paolini Pier Paolo, Profezia, in Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 2015
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