LA MAPPA DELLA POLITICA




Vedo, ascolto, politici e cittadini che si occupano, che si preoccupano della loro presenza nella cronaca quotidiana della vita. Sono tanti, politici e non. Chi si chiede quale sarà il suo ruolo, come la sua leadership, che parte nella sua parte, nel suo partito. Come sarà il suo eterno presente e dove: se conviene soccorrere il vincitore per ottenere una qualsiasi ricompensa, o se conviene restare dove si sta perché la sconfitta e la fuga apre spazi incredibili a chi resiste.
È l’annoso problema del posizionamento, l’ansia soffocante di scegliere la propria parte e di piazzarsi il più comodamente possibile. Talvolta scadono nel ridicolo, per cui incontri maestri volenterosi che fino a ieri dettavano istruzione di etica pubblica e che invece sono ossessionati dalla “diuturna fatica dell’ambizione personale”.
Nessuno che ci dica quale futuro ci aspetta, come vivremo, in che mondo e in che modo. Ci piace ancora questa società, questa democrazia? Ne vorremo un’altra fondata su altri valori o alcuni valori ci bastano per fondare una società nuova? Quale? Perché?
Sono concetti che sono trasmigrati dalla politica e si sono trasferiti altrove, chissà dove!
Sta di fatto che la politica non se ne occupa più. Qualcuno vuole diventare  premier, perché? Per ridurre il debito pubblico di tre punti in percentuale, per bloccare il 30% di immigrati e distribuire pistole in giro in modo che ciascuno si difenda da solo. Ma, che società costruiremo così. Dove vivranno i nostri figli? Che futuro stiamo assicurando agli altri?
Il confronto sui grandi temi della storia non c’è più in politica. Rincorriamo faticosamente l’ultimo slogan, l’ultima dichiarazione, con i suoi 10 minuti di celebrità e… di clamore. Viviamo nel noioso eterno presente della cronaca. E, a forza di bruciarci così, alla fine, non sapremo nemmeno perché siamo vissuti.
La politica, che è l’unico modo che abbiamo per migliorare il nostro mondo, rinuncia a pensare al mondo che vuole migliorare. È come se camminassimo nelle strade delle nostre città con gli occhi bendati. Ci assicuriamo il piede un passo alla volta e non sappiamo davvero da che parte stiamo andando.
A forza di posizionarci abbiamo perso l’orientamento.
Vogliamo fare un’Europa, ma quale Europa? Un’Europa di divieti o un’Europa di diritti? Vogliamo vivere in una società conviviale o vogliamo vivere in una società concorrenziale?
Siamo sempre di più in un mondo di idee senza idealità.
Andrea Marcolongo sostiene che “non vale ciò che diceva Proust, non c’è alcun tempo perduto quando si viaggia. È invece un tempo ritrovato, perché siamo tenuti a scoprire ogni giorno quello che siamo, non quello che eravamo né quello che saremo”.
Dietro questa affermazione, oltre l’eleganza e la musicalità dello stile, c’è intera la crisi del nostro tempo e di ogni tempo sbandato in transizione. Non solo perché non possiamo sempre viaggiare. Non soltanto perché la dialettica tra il tempo perduto e quello ritrovato è equivoca e contraddittoria, visto che nessun tempo può essere ritrovato se prima non è stato perduto. Né perché quel che siamo non è definibile, e nemmeno riconoscibile, senza quel che eravamo e quel che saremo. Principalmente perché non viviamo mai l’eterno presente del viaggio e non siamo preda esclusiva dei marosi e della corrente. Non c’è esclusivamente la coscienza di una “realtà che si cela dietro la linea d’ombra che ogni decisione porta con sé”. La politica ci insegna che ogni decisione è la nostra, che invece “viviamo in un mare” che “ti chiede di scegliere dove andare e perché”.
La politica è la mappa. Senza un itinerario non è viaggiare, è vagabondare. E senza una politica che ci indichi il percorso noi semplicemente vagabondiamo nei marosi del mondo.
Eppure, mai come in questo momento avremmo bisogno di una mappa che ci indichi dove andare, come e perché. Mai come in questo momento la politica deve tornare alla sua narrazione.
Dovremmo passare dal posizionamento alla mappatura, dalla localizzazione all’itinerario.  
Senza una narrazione politica, da qualsiasi parte venga, senza una mappa, saremo costretti a vagabondare e perderemo il senso, individuale, generazionale, collettivo e personale, della nostra esistenza.

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