CONTINUIAMO A BACIARE LE PENTOLE - interpretazione di stupidaggini non interpretabili
Chi mi conosce sa che non giudico mai un
comportamento, una dichiarazione un atto o un fatto politico sulla base dello
schieramento di appartenenza. Anche io naturalmente mi caratterizzo per una
labile ed incostante partecipazione ad uno schieramento prevalente. Tuttavia
non è in base a questo pregiudizio che, avendo dedicato la mia vita di studio
alla epistemologia e alle scienze sociali (politiche in particolare), oriento
le mie considerazioni e, talvolta, i miei giudizi.
Per questo motivo mi sono finora astenuto da esprimere
una considerazione su questo nuovo Governo. Intanto perché non è giudicabile,
se non sulla base dei comportamenti pervicacemente indirizzati alla sua stessa
formazione, con la solita scusa della Responsabile Nazionale. Questi riti
sciocchi e l’anomalia di collaborazione elettoralmente negata e dunque non
votata, non è però attribuibile a loro, ma a quei geni politici che hanno
elaborato una legge elettorale, confusa, ridicola e drammatica, che non è stata
in grado nemmeno di tutelare gli interessi che l’avevano pretesa.
Ciò che si può soltanto giudicare è la solita,
noiosa, confusione di dichiarazioni post nomina che usualmente travolge l’ansia
di protagonismo dei neofiti. Non mi esprimerò sulle assurdità ascoltate dalla
bocca di improbabili neo ministri, nei confronti dei quali la tolleranza è d’obbligo.
Su quella dei loro capi (termine giuridicamente riconosciuto) però si. Due in
particolare.
Quella sulla Flat-Tax, che chiaramente favorisce
soltanto i ricchi, cioè chi ha un reddito superiore al 75.000 euri l’anno. Non
potendo negare l’effetto, Salvini, con il supporto di alcuni esperti di
sinistra accecati dal livore anti PD, lo giustifica, per non dire addirittura
che lo esalta. Secondo lui il processo di ulteriore arricchimento dei più
ricchi favorisce la ripresa italiana perché i più ricchi, che già spendono ciò
che devono, spenderebbero ancora di più e tutta l’economia riprende a girare.
Basta leggere, non dico un libro che è oggettivamente troppo, ma un compendio,
una sintesi per esami di economia, per capire quanta stupidità c’è dentro
questa stupidaggine. E, se è davvero difficoltoso leggere, basta farsi ripetere
i dati dei paesi più ricchi al mondo che, guarda caso, sono quelli in cui la
ricchezza è maggiormente distribuita e dove è meno concentrata. Però i dati e i
concetti, in questo decervellamento collettivo, non servono più a niente. Bastano
le dichiarazione. Il dramma non è nemmeno che Salvini le dica. È che qualcuno
le senta. Forse, per risultare più comprensibili, potremmo dire così: i soldi
sono come i voti, se c’è qualcuno che li prende c’è qualcun altro che li perde.
Si chiama “partita a somma zero”. È vero
che Berlusconi ha illuso tutti che ciascuno potrebbe diventare come lui; ma
questo è un falso, un vero e proprio inganno: se c’è lui, non ci possono essere
altri come lui. Direi meglio: proprio perché c’è lui, non possono esserci altri
come lui: se i soldi li prende lui, li perdiamo noi (decoder televisivo docet).
Se i ricchi si arricchiscono sempre di più i poveri si impoveriscono sempre di
più. Meglio, i poveri si impoveriscono sempre di più proprio perché i ricchi si
arricchiscono sempre di più. Si chiama, ripeto, “partita a somma zero” del mercato autoregolato, che viene mitigata normalmente
dal prelievo fiscale e dalla retribuzione, come stabilisce correttamente la
nostra Costituzione. Ora si vorrebbe fare in modo che il sistema fiscale
accentui, non riduca le diseguaglianze. Va bene. Ma almeno risparmiateci
lezioni di economia. Come diceva Locke, qualsiasi lavapiatti può diventare re,
ma noi non siamo costretti a baciare le pentole.
Un argomento simile, se non addirittura uguale, è
stato proposto da Di Maio alla solita fiera della industria italiana, dove ogni
anno, industriali che hanno depredato lo Stato per i propri interessi e
ridotto, ultimamente, il cuneo fiscale con la scusa di nuovi investimenti, che
non hanno prodotto sviluppo né nuove assunzioni, vengono a fare lezioni alla
politica incompetente e parolaia. E tutti, tutti, tutti i ministri neo eletti,
sono andati a tagliare i nastrini di questa fiera, a garantire agevolazioni e cotillon
amministrativi. Non sfugge il buon Di Maio al dovuto inchino, nonostante che
Grillo in questi anni abbia continuamente ripetuto che il futuro è nel post
industriale e nello scambio di esperienze contro lo scambio di proprietà. Una
volta al governo, naturalmente, tutto questo passa in cavalleria e Di Maio
pretende che imprese delocalizzate vengano a innalzare la ricchezza in patria.
Questa autarchia produttiva di nuovo tipo, non serve ad incrementare la
ricchezza. Le imprese che hanno delocalizzato non hanno portato sviluppo e
ricchezza dove si sono collocate. Mai. Sono andate a sfruttare la manodopera a
basso costo e hanno impoverito
ulteriormente territori già poveri, ove non c’è lo Stato regolatore,
come avevano perfettamente previsto sia Marx che Keynes. Né in Italia le
imprese sostenute, aiutate, coccolate e tutelate hanno prodotto ricchezza
aggiuntiva necessaria a sostenere lo sviluppo. Il futuro, come diceva una volta
Grillo, è nel postindustriale non nel recupero di industrie dislocate che hanno
trasferito la depressione all’estero. La grande rete della impresa
manifatturiera italiana e dell’artigianato si recupera con il salto tecnologico
e la qualità culturale, sostenendo chi non può dislocare, non schiacciando la
piccola e media impresa con il ritorno delle megastrutture assorbenti ed onnicomprensive.
Lo scontro in corso non è tra categorie, ma tra dimensioni: il grande tenta di
cannibalizzare il medio e il piccolo, che tentano disperatamente di resistere
sfuggendo nella specializzazione segmentata che ha sempre meno mercato. Esulta
il mega esaltato dalla stupidità sul proscenio mediatico.
Così va il mondo: ciascuno dice ciò che gli
sembra più gradevole in quel momento. Succede sempre così, i capi eletti inseguono
più gli elettorati dopo essere stati eletti che prima. E in questo modo
procurano inevitabilmente la loro delegittimazione e la loro rovina, come ha
precisamente descritto Guglielmo Ferrero.
Gli altri, come me, cercano di interpretare stupidaggini
che, per il fatto di essere stupide, non hanno argomenti interpretabili. In
qualche modo, continuiamo a baciare le pentole.
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