LA LEZIONE INCOMPRESA DELLA NARRAZIONE POLITICA



Logica vorrebbe che, se decidendo coerentemente a come ragiono ho portato il mio partito al minimo storico, per riportarlo al massimo dovrei decidere incoerentemente, cioè in modo diverso da come ragiono.
Dunque, se coerentemente penso di dover stare in opposizione, devo decidere di entrare in maggioranza. Potrei stare in opposizione solo se fossi profondamente convinto di dover entrare in maggioranza. allora, poiché sono incoerentemente deciso ad entrare in maggioranza, per non sbagliare, dovrei decidere al contrario e quindi di restare in opposizione. Ma, se sono convinto incoerentemente di restare in opposizione, dovrei decidere di entrare in maggioranza. Ma....
Epimenide il cretese diceva che tutti i cretesi sono bugiardi. Se tutti i cretesi sono bugiardi, Epimenide, essendo cretese mente. Se Epimenide il cretese mente vuol dire che tutti i cretesi sono sinceri. Ma se tutti i cretesi sono sinceri, Epimenide essendo cretese...
I loop logici sono moltissimi.
Sono anche graziosi giochi retorici, ma in politica sono autodistruttivi.
Perché?
Perché in politica non contano, come sembra, le decisioni ma i processi che ti portano a queste decisioni e quelli che da queste decisioni scaturiscono. La decisione ha senso soltanto se è uno snodo, una biforcazione che indirizza un processo.  Il risultato dipende dalla costruzione della decisione e dall'azione che si svolge successivamente, dopo che una decisione è stata presa.
Come ci ha insegnato Hannah Arendt, "la politica nasce nell'infra e si afferma come relazione". La politica nasce tra noi, nelle discussioni che faremo tra di noi, noi modi e nei comportamenti che assumiamo collettivamente, prima di prendere una decisione e dopo averla presa. Per questo motivo i socialdemocratici tedeschi hanno votato per decidere se entrare o no nel Governo tedesco. Quel votare, quel discutere, è il vincolo relazionale che fa affermare o meno una ipotesi politica.
Il segretario giustamente deve essere deciso da un congresso e non da un caminetto, ma la decisione politica di stare in opposizione (che a rigore è più importante del segretario) deve essere garantita da uno solo e dalla sua scrivania? Non mi pare. E comunque non è importante.
Non è importante quale decisione si prende. Ciò che conta è l’azione che porta e segue quella decisioni. Più ancora conta la relazione che si costruisce, discutendo, come dice Rorty, con una narrazione politica, con i cittadini elettori. La discussione, non la decisione, nella società della comunicazione è l'azione principale per la costruzione di una relazione politica egemone.
Il decisionismo è ormai politicamente obsoleto. Ogni elettore di un partito è ormai partecipe dei suoi destini. La protesta non è più il prodotto di una contestazione. La protesta è il prodotto della esclusione, l’effetto di una maggioranza di cittadini che, non partecipando al processo decisionale, si sente minoranza. Oggi più che mai conta la partecipazione, la costruzione della relazione comunicativa in quell’infra da cui nasce la politica. Una partecipazione di nuovo tipo, naturalmente. Meno organizzata, discussa, molto opinione, tra la doxa e l’episteme, logica, convincente e, al tempo stesso attraente, una narrazione politica fondata contemporaneamente sulla esigenza e sulla speranza. Sulle aspettative. Conta il sentiment politico che la comunicazione, la relazione comunicativa, non l'azione informativa, genera. Gli uomini non decidono razionalmente sulla base delle informazioni assunte, agiscono ragionevolmente sulla base delle proprie aspettative. Informare è pretendere, illudersi che siano tutti razionali. Discutere è diventare tutti ragionevoli. Non è importante essere completamente e perfettamente informati. sono importanti le aspettative che si generano da una relazione comunicativa convincente. Affinché quella fiducia non venga disillusa e quel voto non svanisca subito dopo, è necessaria una competenza politica. La competenza politica è lo strumento che traduce le aspettative in possibilità e le possibilità in realtà. Una competenza politica partecipata, condivisa, acquisita, discussa.
La sinistra italiana ha aperto enormi aspettative (il 41% alle elezioni Europee) e poi ha prodotto minime riforme che non hanno cambiato nulla. La sua competenza politica non è stata all'altezza dei tempi e delle aspettative che aveva generato. Non ha modificato nessun fattore morfologico del sistema politico nazionale: forse ha tolto qualche tassa, ma non ha riformato la fiscalità; ha stretto la comunicazione pubblica attorno al suo potere e ha fatto una pessima legge per la buona scuola; non ha riformato, ma ha riformulato la legge elettorale chiaramente in relazioni ai propri interessi tattici. Tutto questo nemmeno davanti ad un caminetto, ma nella solitudine della camera da letto, dove, si sa, entrano poche persone.  A forza di restringere le stanze del potere, i voti che sono entrati sono stati ovviamente troppo pochi.
A sinistra non c’è stata coerenza tra le decisioni prese e le aspettative aperte dalla narrazione politica solitaria del capo. La relazione con cui si afferma una politica è mancata e non mi sembra, nelle affermazioni e nei comportamenti post elettorali, che la lezione sia stata compresa.

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