IL POTERE EGOCENTRICO POST-ELETTORALE




In tutta la lunga storia dell’umanità, scandita da 4 grandi mutazioni del potere (ontopower, egopower, biopower, epipower), la democrazia, la democrazia occidentale che dai Greci è giunta – con varie peripezie – fino a noi, è stata la più importante, la migliore e umana, dimensione della politica mai conosciuta.
Finora la democrazia, in termini di qualità di vita individuale collettiva, si è dimostrata storicamente insuperabile. Finora la democrazia, con la sua unica connotazione di riconoscere in se stessa, nei cittadini e non nel destino o in un capo, gli artefici della propria storia e delle proprie scelte, si è dimostrata la più vivibile condizione umana della storia intera.
Finora.
Ma ora è sempre così?
Con l’avvento della società della comunicazione, la democrazia resiste? Esiste ancora? Da che cosa ci protegge la democrazia nella società della comunicazione?
Dalla menzogna. Nonostante la esplosione incontrollata delle fake news, la democrazia ci protegge da quella che Simona Forti ha chiamato “menzogna performativa” che invece avrebbe inaugurato l’epoca del totalitarismo. Questo non significa naturalmente, che nella democrazia non si dicano bugie o che il potere (della decisione al governo o di influenza all’opposizione) non cerchi di imporre una sua verità. Significa che con il voto democratico e regolare, quella menzogna non diventa mai performativa. La democrazia nella società della comunicazione, grazie al voto libero, perfino se artefatto – come in Italia -, non consente mai alla menzogna di esercitare un potere costruttivo, creativo, in grado di “diventare il fondamento stesso per l’edificazione di deliranti sistemi politici”. Con la critica ed il voto, in una democrazia, la verità di qualcuno non supera mai la realtà dei cittadini. Nella società della comunicazione, la democrazia è il solo luogo in cui (se, quando e come lo vogliamo) sia “ancora possibile distinguere tra ciò che accade e ciò che la politica narra, in una parola dove è ancora possibile separare i fatti dalle costruzioni ideologiche”. Oggi ancora la democrazia non ci lascia di fronte all’estremo. Possiamo, nonostante i notevoli tentativi, evitare “il passaggio da una normale menzogna a una «menzogna istituzionalizzata», che garantisce al potere politico il monopolio delle verità storiche fattuali”.
Questo meccanismo di salvaguardia è molto evidente nella parziale democrazia italiana, nonostante le sue strutturali degenerazioni.
Regolarmente dopo una consultazione elettorale, in Italia, infatti si è sviluppata una caratteristica tipica di ogni totalitarismo, così come ce lo ha descritto Lefort: il potere dell’Egocrate.
Dopo il voto regolarmente, il vincitore, pure essendo portatore di una minoranza di voti, si è sentito l’interprete del destino e della storia nella forma della volontà del popolo intero (e non di una minoranza di esso), sotto la veste dei cittadini. È successo con Berlusconi e con Renzi principalmente ed in modo plateale, ma è successo anche con molti altri. Renzi, ad esempio, dopo aver ottenuto il 41% dell’elettorato, contro il 59% dei cittadini che non lo volevano, ha creduto di essere l’interprete assoluto ed omogeneo della volontà innovatrice collettiva del popolo italiano. Non si è accorto che un’ampia maggioranza di quel popolo non era d’accordo e non lo voleva. Questa illusione egocentrica, che ha sviluppato un potere egocratico, lo ha portato ad un referendum folle. Una illusione che si è mantenuta anche dopo la sconfitta referendaria che ha sorretto la follia di credere che quel 40% fosse tutto integralmente il suo. Ma la democrazia ci ha protetto perché questa menzogna non è diventata performativa; questa falsa verità è stata svelata con il risultato elettorale del 4 marzo 2018 che ha ridotto il PD al suo minimo storico.
Nonostante i suoi deficit, la democrazia ha funzionato.
Leggo in tante dichiarazioni attuali dei leader vincenti lo stesso errore, la stessa riproposizione di un potere Egocratico dettato da un atteggiamento egocentrico.
Sono tutti rappresentati di una minoranza. Chi addirittura meno di una minoranza. E tutti si sentono portatori della volontà dell’intero popolo italiano. I vincitori sono interpreti anche di chi non li ha votati, ignari che in un sistema proporzionale, specie se un obbrobrio come il nostro, c’è chi ha più voti e chi meno, ma non c’è chi ha vinto e chi ha perso.
Per fare un governo (e vincere davvero) non basta avere più voti. Bisogna essere coscienti di essere i rappresentanti comunque di una minoranza e trovare alleanze. Bisogna, dunque, evitare il potere Egocratico dell’egocentrismo post-elettorale. Altrimenti, temo per loro, la democrazia ci salverà ancora, da loro.  

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