CRISI DEMOCRATICA POST-ELETTORALE
Le crisi democratiche postelettorali
sono una contraddizione in termini. Non ci dovrebbero essere crisi post
elettorali della democrazia. La soluzione democratica sono le elezioni. Se,
nonostante le elezioni, la democrazia è in crisi di rappresentanza (non riesce
a fare il governo) e di rappresentazione (non riesco a trovare soluzioni
politiche), qualcosa di strutturale che non funziona c’è.
Infatti c’è.
Non sapevo, quando aspramente e con
tenacia ne contestavo l’articolazione, quanto pericoloso e preoccupante fosse,
per la democrazia italiana, questo stolto meccanismo elettorale, costruito per
avvantaggiare se stessi, anche in caso di sconfitta, contro i barbari nemici
della storia e della intelligenza.
L’ho capito davvero soltanto ora,
analizzando i flussi elettorali e il blocco che si è voluto, per un opportunistico
tatticismo becero. Era ovvio, già si sapeva allora che nessuno avrebbe avuto la
maggioranza e che, presumibilmente, bisognasse cercare un accordo politico.
Ignoravo però quanto fosse alto e disastroso, esplosivo il tasso entropico. Non
avevo allora completamente coscienza di quanto fosse pericolosa per la
democrazia italiana una situazione politica senza sbocco istituzionale con la
formazione del Governo.
Se analizziamo i dati elettorali degli
ultimi 5 anni, ci accorgiamo che i flussi, cioè il numero dei cittadini /elettori
che si sono spostati da un partito all’altro sono circa il 30%. Soltanto il PD
dal 41% di qualche anno fa al 19% di oggi ha perso il 22% di elettori, un
partito più grande di se stesso che, a sua volta, è il secondo partito italiano.
Una enormità. In genere, in un sistema democratico, con qualsiasi legge
elettorale, il flusso in movimento è sempre molto minore.
Come mai in Italia è così ampio e così
incontrollabile?
Soltanto perché abbiamo partiti
puramente mediatici che prendono voti di lista ma non preferenze come M5S?
No.
Si tratta di aspettative disilluse che
drogano il dato elettorale di tutti coloro che occasionalmente vincono. Si
tratta di aspettative politiche compatte che sono in condizione di trasmigrare
facilmente alla prossima campagna elettorale. Ed è difficile farle ritornare al
partito da cui si sono allontanate.
Personalmente sono profondamente
preoccupato.
Il 30% circa di aspettative disilluse
fluttuanti incontrollate indicano una situazione pre-rivoluzionaria o una
situazione pre-totalitaria. Naturalmente la crisi della democrazia potrà o
potrebbe assumere forme inusitate, eteree, anche non immediatamente visibili,
non percepibili. Questo però non significa che non esistano o che non ci siano
già se siamo nella condizione di perdere quando abbiamo vinto o di vincere lo
stesso quando abbiamo perso.
Gli artefici ed i sostenitori di questa
legge elettorale saranno ricordati, nella storia politica italiana, come i
costruttori della porta di ingresso nel vortice della decostruzione della nostra
labile democrazia: non solo – per interesse di parte - tentando di restaurare
un’epoca storica proporzionalista morta e sepolta; quanto piuttosto per aver
omogeneizzato aspettative disilluse fluttuanti che – come in ogni sistema
proporzionale – si concentrano sugli estremi della geografia politica
nazionale. Se sono il 5% circa in una situazione politica sotto protezione dall’ombrello
occidentale nella guerra fredda, è ancora gestibile (con il grande dolore della
strategia della tensione, degli estremismi politici e del terrorismo locale). Se
sono il 30% circa, in una condizione storico-politica globale senza protezione,
magari con il rifiuto dell’appartenenza alla democrazia europea, in un sistema
politico senza sbocco ad entropia crescente, è la situazione sociale stessa che
diventa estrema.
Siamo ancora di fronte all’estremo.
Non importa chi governerà.
Chiunque governerà, per salvare l’Italia
da se stessa, deve sapere essere lo sbocco istituzionale ad una situazione
sociale che sta diventando estrema.
Se questo incremento entropico delle aspettative
crescenti, che si traducono in pressione sociale e dissenso politico, non
troverà sbocco istituzionale nella formazione del governo – a causa di una
legge elettorale appositamente realizzata per offrire un potere di interdizione
enorme a chi ha perso – allora la pressione politica crescerà talmente tanto
che il rischio di esplosione o di implosione del nostro network sociale sarà
concreto, visibile, palpabile. A causa del fattore elettorale imposto, che non
offre uno sbocco istituzionale al fermento politico, rischiamo la violenza di
una crisi entropica generale: rischiamo, o una esplosione rivoluzionaria, o un
implosione totalitaria di nuovo tipo. O entrambe.
Vedo, in alcuni indicatori del
sentiment di cui parleremo, questa minaccia come non mai e quindi auspico che
il futuro governo non si concentri su palliativi propagandistici elettorali, ma
che sia decisamente determinato a riforme strutturali dei tre fattori morfologici
della politica: il fattore fiscale per i soldi; il fattore comunicazione per le
idee; il fattore elettorale per gli uomini.
È l’unico modo che abbiamo per
scongiurare la pressione entropica della crisi delle aspettative crescenti.
Commenti
Posta un commento