La legge elettorale




Nella mia impostazione politologica, sulla scorta degli insegnamenti e dello studio del compianto Giovanni Sartori, il primo fattore morfologico di un sistema politico è la legge elettorale per la selezione del ceto politico, per la rappresentanza dei cittadini nelle assemblee e per la rappresentatività della politica nazionale (regionale o locale) negli esecutivi.
Gli altri due fattori morfologici sono: 
  • la legislazione fiscale per il reperimento equo delle risorse, 
  • la legislazione sulla comunicazione (in generale comprensiva della istruzione, la ricerca e della cultura) per la produzione di idee. 

In Italia ne abbiamo un esempio concreto. 
La modificazione della legge elettorale (malamente denominata rosatellum) ha già prodotto i primi nefasti effetti con la moltiplicazione di liste inutili. Alcuni sono in corso d'opera con la insignificanza della partecipazione civica nella selezione dei candidati, totalmente in mano alla discrezionalità del capo (ruolo riconosciuto nella legge stessa). Altri ne produrrà con la impossibile elezione di un governo dopo il voto.
Leggo molti commenti di cittadini che, rispetto alla legge elettorale e alla vanificazione del loro voto, si concentrano sulle preferenze, presenti o assenti nel momento della scelta.
Non è quello il punto.
La nullificazione del voto dei cittadini è nella delega in bianco al capo che il proporzionale induce dopo il voto (e dunque vale pure per il porcellum e per l'italicum - il peggiore di tutti per il combinato disposto con il becero tentativo di addomesticare la Costituzione). In questo caso il diavolo non sta nel dettaglio. Il grosso è perverso, cioè la natura stessa della legge. 
Il proporzionale, infatti, chiede ai cittadini: "chi vuoi che ti rappresenti?". Non chiede "chi vuoi che ti governi?".  Quindi va benissimo per le assemblee legislative, dove la rappresentanza della società è importante se non fondamentale, ma non quando le assemblee eleggono poi gli esecutivi. La perversione discrezionale sta tutta qui. Non solo qui, ma essenzialmente qui. Il voto del cittadino è totalmente annullato perché il quesito posto non è sulla formazione del Governo. La formazione del Governo è una esclusiva e discrezionale decisione di chi comanda, specie se costui o costoro non sono nemmeno eletti, come appunto in Italia.
Il punto, il vulnus della democrazia, è tutto li.
Non dobbiamo perdere la concentrazione e nemmeno alimentare atteggiamenti di rifiuto acritico. Ripeto: il proporzionale va benissimo per le assemblee ma solo quando le assemblee non eleggono gli esecutivi.
Per la elezione degli esecutivi è indispensabile una legge elettorale di carattere uninominale.
Tutti lo sanno, ma nessuno lo fa, nessuno propone una legge elettorale a doppio standard (come ad esempio, parzialmente, negli USA): un voto proporzionale per le assemblee e un voto uninominale per gli esecutivi (con riforma costituzionale congruente). Perché? Perché la tirannide della discrezionalità dei gruppi dirigenti e dei capi, che dal famoso "discorso del bivacco" di Mussolini ad oggi ha fatto delle Istituzione un derivato surrogato dei partiti politici, sta nella legge elettorale univoca; una sola che elegge entrambi gli organi. In mezzo c'è un vuoto. Questo vuoto è totalmente controllato dal potere discrezionale dei capi. 
Da noi questo vuoto sta nella nomina del Governo e di tutti gli esecutivi collegati (cioè dove il potere conta davvero). Con i sistemi esclusivamente uninominali questo vuoto si trasferisce alle assemblee legislative. Solo una legge elettorale "doppio standard" garantisce la piena rappresentanza e la piena rappresentatività. Questo però i capi non la vogliono. D'altronde chi ha il potere non lo cede facilmente (da noi siamo arrivati ad apprezzarne addirittura la cattiveria come se fosse una partita di calcio): in un loop infinito.

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