QUESTO 11 SETTEMBRE: elaborazione del lutto e mitizzazione dell'Occidente

 


L'11 settembre 2001, dalle 16.30 di pomeriggio, tenevo una lezione al Master sul peacekeeping alla terza università di Roma. Insegnavo "Metodi per la Risoluzione dei Conflitti" nella geopolitica internazionale. Allora si usava ancora il termine internazionale. Così si diceva. A un certo punto, qualche minuto dopo le 15.00 dell'11 settembre 2001, mentre insegnavo "Metodi per la risoluzione dei conflitti" nella geopolitica internazionale (come si definiva allora) alla Terza Università di Roma, il Direttore Scientifico del Master, prof.ssa Maniscalco, apri la porta, in modo assolutamente inusuale, interruppe la lezione, entrò. Era con me il sen. Maurizio Calvi, presidente del CeAS. Ci portò nella stanza affianco, davanti ad uno schermo televisivo e, insieme, assistemmo attoniti al secondo aereo che penetrava, direi, deflorava la verginità della seconda Torre. 

La prima già fumava. 

Nei mesi precedenti, dal 20 al 26 maggio 2000, in un convegno internazionale (come si diceva allora) organizzato dal CeAS, a Priverno  nella sua sede di San Martino, intitolato "Terra Terrore Terrorismo", mi ero pubblicamente lanciato in una spavalda, ma non sprovveduta, previsione di attentato a New York, proprio alle due Torri, forte del fatto che già qualche anno prima un camion pieno di tritolo era esploso in uno dei loro garage. 

Il sen. Maurizio Calvi, mio amico e Presidente del CeAS, ed io, suo amico e Direttore Scientifico, restammo muti e attoniti di fronte alle immagini di un secondo aereo che deflorava la verginità delle Torri Gemelle di New York e del suolo americano. Era l'11 settembre 2001 ed eravamo insieme al Master sul peacekeeping della terza università di Roma, mentre io tenevo una lezione su "Metodi per la Risoluzione dei Conflitti" nella geopolitica ancora internazionale.  Insieme eravamo stati coinvolti e in qualche modo travolti, nel Febbraio 2001, da un Twister di polemiche e derisioni, in un altro convegno sempre internazionale, sempre a Priverno, sempre organizzato dal CeAS, sempre presso la sua sede di "San Martino", dal titolo "Intelligence nel XXI secolo". Insieme eravamo stati coinvolti e travolti, mai sconvolti, dallo tsunami di polemiche a causa di quella presunta e presuntuosa previsione del maggio 2000 su un probabile attacco terroristico, impensabile perché mai avvenuto prima (e proprio per questo forse maggiormente ipotizzabile), alle Torri Gemelle di New York. 

Quel giorno, l’11 settembre 2001, attonito e muto di fronte alla deflorazione delle vergini Twin Towers americane, che aveva interrotto la mia lezione al Master sul peacekeeping della università Roma 3, assorbito da uno schermo televisivo assorbente che mandava in onda l'esplosione e contemporaneamente l'implosione, che mostrava due Torri che si trasformavano lentamente in detriti, calcinacci e polvere sulla testa dei cittadini di New York e dell'intero Occidente, con il mio Presidente e amico sen. Maurizio Calvi che aveva coraggiosamente sostenuto le mie allora astruse previsioni, pensai: "Ogni volta che cambia il mondo c'è sempre qualcosa che crolla in testa a qualcuno". Era successo continuamente nella storia, da Babele a Berlino fino di nuovo a New York. Il crollo delle Twin Towers, l'11 settembre 2001, con il drammatico portato delle sue vittime, raffiguravano un mondo definitivamente cambiato. Da allora,  tutto ciò che era internazionale divenne improvvisamente globale. Capii allora, l'11 settembre 2001, alle 15.10 di pomeriggio, che il dramma che si consumava, oltre al dolore incommensurabile delle 3.000 vittime, di ogni singola vittima in questo ingiustificabile scontro sulla Terra, si consumava prevalentemente nelle immagini di Terrore che il Terrorismo aveva trasmesso, incuneandole nell'archetipo del mondo, cioè definitivamente nella nostra memoria collettiva. Le immagini, più che le Torri deflorate, erano il vero obiettivo strategico  della intelligente regia dell'attentato. 

La società della comunicazione si annunciava nella sua dirompente evidenza. Agli  analisti attenti era già evidente qualche anno prima.

Qualche anno prima, gli americani avevano speso più di 30 milioni di dollari per redigere un Report denominato Megatrend 2015, indispensabile per informare il pubblico che i terroristi si erano magicamente dissolti, erano ormai scomparsi e bisognava impegnarsi a costruire uno "scudo stellare" contro i nuovi "Stati Canaglia". E la macchina degli analisti acquiescenti, evidentemente ben oliata dai 30 milioni di dollari, era pronta per acconsentire. Noi invece, presuntuosi, ci siamo opposti e, con meno di 30 euri, abbiamo contestato quella costosa falsificazione. Abbiamo sostenuto che i terroristi c'erano eccome, tanto che avrebbero silurato casa loro, proprio nell'immaginifica e, per molti, immaginaria capitale dell'Occidente. Naturalmente non eravamo stati creduti. Non era opportuno. Non  era conveniente. Conservo ancora i testi, le relazioni, le dichiarazioni di plaudenti intellettuali, testimoni del nulla, che, contro di noi o indifferentemente da noi e indipendentemente da noi, si sono avventurati nella selva delle banali asserzioni e prove costruite per imporre al mondo uno "scenario di verità" assolutamente non corrispondente alla "rappresentazione della realtà". Un nuovo "scenario di verità", legittimato dalle fandonie di produzione, stoccaggio e propagazione di fantomatiche "armi di distruzione di massa" accumulate in depositi sotterranei nell'Iraq di Saddam Hussein. Una fandonia mal costruita che ha giustificato un intervento militare,  non contro Al-Qāʿida che aveva rivendicato l'attentato, ma contro l'Iraq, dove Bin Laden non c'era, residente per oltre 10 anni in Afghanistan e in Pakistan. La società della comunicazione si mostrava e il vuoto ruolo dell'intelligenza diventava quello di costruire "scenari di verità"  funzionali al potere, a cui adeguare successivamente la "rappresentazione della realtà".

Nella nuova società l'intelligence passa dall'informazione delle spie alla comunicazione di esperti analisti. 

L'11 settembre 2001, di fronte alla deflorazione delle Torri come due cosce aperte del suolo americano, di fronte a una vagina larga e sanguinante sul terreno di ground zero, per me tutto questo era evidente, addirittura clamoroso. E mi sembrava incredibile che non lo fosse per altri. Da allora ho iniziato, altrettanto inutilmente, a scriverlo, in saggi e libri che raccolgono polvere in alcune librerie.

Sono passati 20 anni. Che cosa è accaduto poi?

Niente.

"Scenari di verità" si sono continuamente sovrapposti ad altri "scenari di verità ", tanto che la realtà è praticamente diventata non più rappresentabile. La società della comunicazione procede nei suoi invisibili ritmi quotidiani. Cambia le aziende leader. Cambia le ricchezze. Cambia le politiche a ritmo accelerato delle sue ricorrenti, frequentemente ricorrenti, news. "Scenari di verità" prêt-à-porter si sostituiscono ogni giorno a nuovi "scenari di verità" ormai totalmente dimentichi della realtà.

Secondo Luciano Pellicani il comune elemento che caratterizza sia la politica ideologica sia la politica teologica è la politica escatologica; cioè la volontà di di creare il regno di Dio senza Dio. Solo che, come diceva Hannah Arendt, mentre la politica ideologica si riferisce alla storia, la politica teologica si riferisce alla natura. Per questo motivo le religioni, che siano o no realizzate in cielo o in terra, con il potere sulla vita o con la potenza di un governo, sono comunque narrazioni per "scenari di verità" mai corrispondenti con la realtà che sono riuscite a mentalizzare l'umanità, mentre le ideologie no. Infatti, essendo riferite alla storia, le ideologie subiscono le obsolescenza delle evoluzioni dei tempi e, alla fine, si autodistruggono. Essendo riferite alla natura, le religioni sono permanenti, costanti e ricorrenti, iscritte nel DNA della struttura cognitiva umana, rinforzate da un processo comunicativo costante, fatto di riti che rafforzano i miti. È questa la forza delle religioni: una comunicazione fatta dalla ricorsivita dei riti che replicano la narrazione dei miti. La forza delle religioni è  la mentalizzazione. La debolezza delle ideologie è la modernizzazione. La differenza sta nel fatto che, mentre la mentalizzazione teologica riguarda comunque il singolo individuo che diventa moltiplicatore culturale e agente della missione universale, la modernizzazione si riferisce alle masse che non possono, per definizione, replicare se stesse. E quindi, mentre la mentalizzazione teologica interpreta il certo passato reinventandolo, modernizzazione ideologica inventa un certo futuro che non riesce ad interpretare.  L'una, guardando indietro, si costruisce il futuro. L'altra, distruggendo l'indietro, si autodistrugge nel futuro. 

Gli "scenari di verità" sono la nuova espressione della politica escatologica. E quando domina una politica escatologica, in qualsiasi espressione, la democrazia diventa sempre una teocrazia. I riti ricorrenti rafforzano i miti autoreferenziali, che appaiono sotto nuova veste,  come ci ha involontariamente insegnato Carl Gustav Jung. 

In un libro di qualche anno fa ho già ricordato che gli americani distinguono tra major e minor event. I major event sono gli eventi globali che restano iscritti nel calendario. I minor event sono locali, senza memoria collettiva,  circoscritti in un determinato periodo e riferiti ad un solo spazio. I major event, in quanto iscritti nel calendario, sono  composti di riti ricorrenti e di miti ricorsivi. Un processo di mentalizzazione che stiamo vivendo proprio ora. 

Che cosa hanno prodotto alla fine i terroristi?

Ogni anno l'11 settembre, iscritto ormai nel calendario come simbolo dell'archetipo collettivo del mondo, svolge la sua funzione di rito funebre indispensabile per informare il mito dell'Occidente. E l'occidente, la sua cultura, la sua weltanschauung, per fortuna, ogni anno, l'11 settembre, si rafforza sempre più nell'archetipo dell'umanità globale. I terroristi di Al Qaeda, producendo un major event che, in quanto iscritto nel calendario archetipico del mondo, è diventato un rito indispensabile per mitizzare, come sempre con la elaborazione del lutto, l'occidente e fondare definitivamente la sua egemonia politica. 

Qualche anno fa qualcuno si chiedeva quale fosse il destino dell'Occidente. Grazie ai terroristi e la ritualità che genera i loro attacchi, l'Occidente nella società della comunicazione è destinato, pian piano, a mitizzarsi e a sconfiggere tutte le politiche escatologiche. L'Occidente, ogni 11 settembre, compie il suo rito. Ogni 11 settembre, l'Occidente rafforza il mito di una politica non escatologica, di una filosofia politica pragmatica che, tramite la eloquenza epistemologica dei fatti, come per primo ci ha insegnato Cicerone, è in grado a distruggere "scenari di verità" in favore di critiche e diversificate rappresentazioni della realtà. 

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