IL REGIME DELLA SOFFOCANTE PARTITOCRAZIA
Ho aspettato qualche ora prima
di esprimere un giudizio sulla crisi politica e istituzionale che ha travolto,
improvvisamente l’Italia. Mattarella esercita le sue prerogative ex art.92
della Costituzione e Di Maio, sentendosi defraudato di un suo diritto, minaccia
la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica, ex art.90 della
medesima Costituzione, trasformando una crisi politica in crisi istituzionale.
Leggo che i giudizi sono
corrispondenti agli schieramenti politici, che presto si trasformano in
reciproche accuse, prive di valutazioni pacate e travolti dalla logica di
appartenenza ad un partito, a un capo. Lontano da casa, mi sembra di essere
lontano anche da questi pregiudizi di appartenenza e cerco una ragione critica
che mi faccia capire bene la situazione determinatasi e i suoi possibili
pericolosi sbocchi.
La prima impressione è che, sul
piano politico, abbiano sbagliato tutti: il Presidente Mattarella che rischia
di trasformare in vittime espropriate della loro maggioranza Di Maio e Salvini;
Di Maio e Salvini che mostrano la arroganza bullistica dei neofiti, una
assoluta inesperienza che tenta di trasformare un desiderio in una pretesa.
La seconda impressione è che,
sul piano Istituzionale, si siano tutti comportati correttamente: il Presidente
della Repubblica che nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo,
i Ministri; la maggioranza Parlamentare che ritiene di dover votare legittimamente
il Governo che più gli aggrada.
Tuttavia c’è un terzo livello
di considerazioni che spiega molto bene, dal mio punto di vista, i torti e le
ragioni degli uni e dell’altro. È un livello sia politico che istituzionale. È il
livello Costituzionale. E a livello Costituzionale il Presidente Mattarella ha
perfettamente ragione. Si tratta di un punto estremamente delicato per la
democrazia italiana e del ruolo del Presidente in quanto garante, non della
propria preferenza sui ministri, ma della democrazia stessa.
Per l’articolo 92 della
Costituzione Di Maio e Salvini non esistono proprio.
Tutto il processo di formazione
del governo è una partita che si gioca tra il Presidente della Repubblica e il
Presidente del Consiglio.
Perché?
La norma è stata così pensata
proprio per evitare ciò che sta succedendo, cioè che i partiti politici
avessero il sopravvento sulle Istituzioni e si spartissero il governo sulla
base del loro potere di interdizione, magari con la vecchia tecnica del Manuale
Cencelli. La Costituzione, che è politica e istituzionale al tempo stesso, è
stata pensa – senza riuscire a causa delle leggi elettorali – proprio per
separare le Istituzioni Super Partes dalle parti in concorrenza nell’agone politico.
Di Maio e Salvini hanno riproposto agli italiani il più bieco, oscuro,
invadente potere della partitocrazia, a livelli in cui finora mai si era giunti
visto che più volte è accaduto che il Presidente della Repubblica abbia
cambiato Ministri che i partiti avevano indicato e il Presidente del Consiglio
soltanto proposto. D'altronde, non lo capiscono proprio, visto che la medesima
minaccia alla democrazia da parte della partitocrazia era insita nella imposizione
del vincolo di mandato ai parlamentari. Ciò che non capiscono è che una Istituzione,
sebbene eletta da una parte, rappresenta l’intera nazione. Non esiste in
nessuna democrazia al mondo che le istituzioni, parlamentari o ministri,
rispondano ai desiderata dei capi di partito. Questo trasforma le Istituzioni in
organi di supplenza subordinata dei partiti, dei loro capi, spesso non eletti
da nessuno. Il Presidente Mattarella ha semplicemente riaffermato la legittima
superiorità delle Istituzioni sul diktat, per non dire ricatto, dei partiti. Questo
è il nucleo centrale della Costituzione Italiana e di ogni democrazia, di cui
il Presidente stesso è ultimo garante.
Dunque non si tratta più
nemmeno di un giudizio politico, del fatto cioè che, come al solito, coloro che
si autoproclamano innovatori sono quasi sempre i più biechi restauratori. Quella
loro enfatica autocelebrazione serve proprio a mistificare la loro profonda
conservazione. Non più nemmeno di questo si tratta. Si tratta di una battaglia
per la democrazia, come accadde contro l’ultimo referendum proposto da un altro
innovatore auto proclamato, che avrebbe consegnato l’Italia al medesimo potere
incontrollato della medesima partitocrazia. Non è un caso che la becera legge
elettorale con cui siamo andati al voto (e che ha prodotto questi prevedibili
esiti) abbia per la prima volta riconosciuto nella storia politica italiana e
di ogni altra nazione democratica al mondo, l’equivoco e discrezionale ruolo di
capo politico. Si tratta di riaffermare i valori e la cultura della democrazia,
senza la quale nessuna convivenza civile è possibile.
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