GENEALOGIA DEMOCRATICA: 1 - Solone
Chi ha inventato la democrazia?
La democrazia non è stata inventata: è sorta.
Secondo Massimo L. Salvadori “il suo inizio per certi aspetti può essere
fatto risalire alle riforme introdotte da Solone dopo la sua elezione ad
arconte nel 594 a.C, ma essa prese una sua coerente e solida fisionomia
soltanto con l’opera di Clistene e di Efialte – cavallo tra la fine del VI
secolo e l’assassinio nel 461 di quest’ultimo – e soprattutto di Pericle, che
tenne le redini del governo di Atene dal 460 al 429.”[1]
I Greci non ricordavano il loro passato. Un
po’ come facciamo noi con le cosiddette città di fondazione (Latina, Sabaudia,
Pontinia, ecc…), ricostruivano il loro passato dal futuro. Non avevano una
tradizione e, come gli USA, dovevano costruire la loro storia ogni giorno.
Proprio come gli Americani, in ogni occasione pubblica, in ogni orazione
politica, era buona creanza ed uso diffuso ricordare i padri fondatori della
città e delle sue leggi: Licurgo per Sparta e Solone per Atene.
Perché Solone?
Per molto tempo si è pensato, intuitivamente
sulla base di questa consuetudine, che Solone fu scelto per essere stato il
primo legislatore di Atene.
Però non è così. A rigore il primo legislatore
di Atene fu Dracone che, spazzato via il tentativo anarchico di Cilone di
instaurare una tirannide, istituì il primo “codice
di leggi” (convenzionalmente nel 624 a.C.) in cui vigevano alcune
distinzioni di reato valide per noi ancora oggi.
Allora perché Solone?
Vale la banale constatazione della
costruzione opportunistica del mito, cioè che la maggiore civilizzazione
culturale dell’idea democratica avvenne nella lunga “età di Pericle”, erede della forte famiglia degli Alcmeonidi, per
discendenza di madre, di cui si dice (ma non è sicuro) che Solone fosse il più
illustre rappresentante?
Non credo.
Questa legittimazione a posteriori
per discendenza non è coerente con il modo di vivere (e di contestare)
quotidiana della Atene democratica.
Più saggiamente, sulla scorta della impostazione
aristotelica, Massimo L. Salvadori attribuisce alla capacità riformatrice di
Solone il merito della sua fama di genitore di Atene, sempre polis simbolica per eccellenza della
democrazia. Aristotele, ad esempio, ci
dice, che il merito delle riforme politiche di Solone e la sua paternità
democratica derivano dalla volontà di eliminare le oligarchie: egli fu “un buon legislatore che abolì l’oligarchia
divenuta troppo potente, mise fine alla servitù del popolo ed istituì la democrazia
patria con una costituzione che sanciva una saggia combinazione di classi”[2].
Tuttavia, nonostante l’illustre testimone,
anche l’idea aristotelica non mi sembra precisa. Intanto perché non è proprio
vero che Solone abolì l’oligarchia. Intanto perché Solone era un aristocratico,
appartenente allo stretto gruppo di eupatridi,
cioè di coloro che erano nati bene, in un’epoca in cui nascere faceva tutta la
differenza. Tra il VII e il VI secolo a.C., Atene era preda di forti
conflittualità che mettevano a rischio proprio l’aristocrazia degli oligarchi.
Marco Bettalli calcola una forte concentrazione della ricchezza, che i proprietari fondiari non era più del
20% della popolazione, mentre “il
rimanente 80 per cento e oltre è composto di persone costrette a vivere come
salariati o affittuari di terre delle quali non detengono la proprietà”[3].
Una situazione con un tasso entropico molto alto e crescente, con una
permanente insorgenza conflittuale che, come già spesso precedentemente
avvenuto, avrebbe potuto far saltare il banco e determinare la fine dei
privilegi oligarchici. Solone fu nominato e non eletto, tra loro, perché era il
più aristocratico di loro e perché, gattopardescamente, doveva cambiare tutto
affinché nulla cambiasse. È improbabile dunque che il buon legislatore, come
credeva Aristotele, avesse eliminato la Oligarchia e, con essa, se stesso;
comunque la fonte del suo potere.
Infatti, Solone, nominato Tiranno con i
poteri assoluti (per cui la forma contraddittoria ma usuale della Grecia
Arcaica di tirannide elettiva), era “profondamente
convinto che la giustizia sociale non passi attraverso l’egualitarismo, ritiene
che le differenze sociali debbano rimanere e i ricchi abbiano il diritto di
godere dei loro beni, stante la loro superiorità”[4]
E allora resta il quesito: perché il mito
genetico di Solone?
Perché Solone per primo introdusse nella
politica il fondamentale concetto di eunomia, il concetto di equilibrio;
quel tipico e particolare equilibrio che deriva soltanto dal buon governo.
Sarà un concetto fondamentale per la
democrazia ateniese e che, successivamente, sarà ripreso con notevole vigore da
rinascimento italiano. Il senso profondo di questo equilibrio è dato dal fatto
che, per la prima volta, la ricchezza non deriva dalla nascita, ma dall’agire
economico (e politico). Non abolisce l’Oligarchia perché il regime è sempre
basato sulla ricchezza, ma questa ricchezza, anche se con estrema difficoltà, è
accessibile, anche sempre discriminante della popolazione ateniese.
Solone raggiunge l’equilibrio politico con 3
riforme sostanziali:
·
Quella fiscale, che consiste nella abolizione dei prestiti
alla persona e i debiti che avevano ridotto molti cittadini ateniesi alla
schiavitù, oltre che la trasformazione del regime di proprietà fondiaria;
·
Quella elettorale, che consiste nella sostituzione del ceto
politico decisionale, quelli che sono oggi i parlamentari e che anche allora
era il potere legislativo in cui erano rappresentate le stirpi
(γένη) aristocratiche in un organo di quattrocento membri, la “Boulé (βουλή) dei Quattrocento” (cento membri
per ognuna delle quattroi tribù gentilizie Opleti, Argadei, Geleonti ed Egicorei).
La nuova Boulé viene costituita da nuovi
4 ceti sociali definiti sulla base della propria ricchezza, le cosiddette
classi censuarie (Pentacosiomedimni -
coloro che ogni anno ricavavano almeno 500 medimni di grano dai loro campi o avevano
comunque un reddito pari a tale somma-, Cavalieri -
coloro che ricavavano almeno 300 medimni o erano in grado di mantenere un
cavallo -, Zeugiti - coloro che ricavavano almeno 200
medimni o erano in grado di mantenere una coppia di buoi da aratro- , Teti - la maggioranza, coloro che
guadagnavano meno di 200 medimni, compresi i nullatenenti).
·
Quella del linguaggio, del codice giuridico della città, con la
redazione di un linguaggio più complesso e completo, di un codice di leggi
estensivo che regolava una serie di comportamenti del vivere comune. Un vero e
proprio corpus normativo a cui poteva
accedere ogni cittadino ateniese, direi, qualsiasi cittadino che lo desiderasse
(ho boulomenos).
Erano (e sono) i tre fattori morfologici che determinano
l’equilibrio (o lo squilibrio) dei network politici di sempre, ora come
allora.
Solone, per primo ci ha insegnato, che senza incidere su quei
fattori morfologici l’equilibrio, quel tipico equilibrio dovuto alla buona
amministrazione, non si raggiunge. In questo senso lui è stato il vero artefice
di un processo politico irrefrenabile che ha portato alla democrazia.
Questi fattori morfologici ci servono ora come allora, sono gli
unici che stabiliscono la qualità dei nostri di vita network sociali e ci
offrono la possibilità di correggerci, giacché, come è noto, il valore
epistemologico della democrazia sta nel fatto che è l’unica condizione politica
in grado di migliorare se stessa imparando dai propri errori.
[1] Salvadori L. Massimo, Democrazia. Storia di un’idea tra mito e
realtà, Donzelli Editore, Roma 2015, pag.3
[2] Aristotele, Politica costituzione di Atene, a cura
di C. A. Viano, Utet, Torino 1955, pag.124
[3] Bettalli Marco, Atene in età arcaica, in Eco Umberto (a
cura di), L’Antichità, vol. 3 Grecia, La biblioteca di Repubblica –
L’Espresso, Milano 2013, pag. 223
[4] Bellalli M., cit. 2013, pag.
224

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