LA CRAVATTA E' SEMPRE LA STESSA



memoria dei vincitori (e i vinti immemori)


Lévinas sosteneva che, rispetto ai più efferati orrori, esiste un “tumore della memoria”, che è inasportabile. Egli naturalmente si riferiva alla responsabilità  degli orrori del totalitarismo e, più precisamente, allo sterminio degli ebrei. Tuttavia possiamo facilmente constatare che, con l’allegrezza degli impudenti e la baldanza dei sergenti, dopo la loro elezione, il “tumore della memoria” è una malattia che già si è notevolmente diffusa rispetto ai programmi elettorali promessi.
Gli immigrati? Ci vuole tempo intanto faremo ciò che già facciamo.
Il reddito di cittadinanza? Si chiama in un altro modo ed è come è già altrove e in Italia pure con la denominazione “reddito di inclusione”.
L’Europa? Nessuno vuole uscire, si vogliono solo rinegoziare i parametri, proprio come si faceva prima.
Uscire dall’Eurozone? Chi lo ha mai detto. Bisognava fare un referendum che non si può fare per decidere ciò che bisogna decidere.
Abolire la Legge Fornero? Nooooo, le pensioni non si toccano, si tratta di modificare per aggiustare qualcosa, si tratta cioè di migliorarla. La legge che andava abolita non solo va mantenuta, ma deve essere addirittura perfezionata.
L’inciucio? Se fatto da Di Maio e Salvini è una seria responsabilità politica.
Estromettere un partito dalle rappresentanze parlamentari per ricattarlo sul voto al Governo? Se prima era un orrore della partitocrazia adesso è un errore della democrazia.
I candidati premier, come sempre, passano dal casual della militanza alla divisa del potere: resta identica la cravatta.
Mattarella viaggia va in treno e Figo pure. Cambia soltanto la compagnia e, probabilmente, il percorso.
E così via…
Siamo già alle comiche, riproducibili a buon prezzo nei teatri dello spettacolo fortunato di Beppe Grillo. Forse distruggeranno il paese ma incrementeranno i botteghini.
Mesti e silenti se ne vanno i vinti. Nemmeno protestano, perché, a parti invertite, loro erano uguali.
Il sistema politico conforma gli aitanti a se stesso: non ci sono più protagonisti. C’è soltanto un coro.
Quasi quasi preferisco Renzi, che almeno diceva quel che pensava, anche se, troppo spesso, non pensava a quel che diceva.

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